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Napoli, c’è Ventura un vecchio amico

L'ex tecnico azzurro in sei precedenti non ha mai battuto il Napoli

La bella e appassionante favola del Napoli risorto dalle braci del fallimento cominciò pure con lui. Giampiero Ventura è stato il primo allenatore di quel Napoli che in soli sette anni s’è concesso il lusso di arrivare in Champions e di vincere la Coppa Italia. Un Napoli da record. C’era una volta quindi una società riportata su da un abissale precipizio nel quale era piombata e subito rimessa sulle sue gambe. In principio quel Napoli era solo “Soccer” e non disponeva praticamente di niente: dalle casacche, al centro di allenamento, allo staff e persino i palloni. Montervino e Montesanto i primi tesserati provenienti dal parco giocatori della mini (e non rimpianta) era Naldi. Una cosa che avrebbe scoraggiato in molti sul nascere, ma non un Aurelio De Laurentiis molto determinato e già ben avvezzo a battaglie imprenditoriali nel suo ramo, quello cinematografico.

L’INGAGGIO – E come in un thriller che, per incanto, diventa un movie d’azione, di quelli con i finali pirotecnici, il Napoli s’è spinto leggiadro oltre le più “azzurre” previsioni. Al timone, in prima battuta, un Ventura molto gettonato, che aveva prevalso alla fine sull’ipotesi Vavassori col beneplacito dell’allora d.g Pierpaolo Marino. Con un biennale concordato sul terrazzo dell’hotel Vesuvio. Il campionato per il Napoli cominciò dopo rispetto alle avversarie di quella C1 che ormai appare lontanissima. Da quel Napoli-Cittadella d’emozione e stupore, con 46mila sugli spalti e tre gol per parte. Il tecnico genovese, classe 1948, era approdato in azzurro il 10 settembre del 2004, ma poco più di quattro mesi dopo, il 14 gennaio, guidò gli azzurri per l’ultima volta in un Napoli-Fermana (1-1) davanti a 33mila delusi. Quattro mesi per partire da zero con una squadra senza nemmeno l’abc, e per ritrovarsi al settimo posto in classifica dopo 19 giornate, con sette vittorie, sei pareggi ed altrettante sconfitte. Troppo poco per continuare, così decretarono i vertici, e arrivò Reja, protagonista di una era. Il friulano debuttò con il Cittadella (in trasferta però) come il collega che lo aveva preceduto. Fu amore a prima vista ed anche tutt’altra storia.

 

IL COMMIATO – A Ventura restò una conferenza stampa (18 gennaio 2005) dai toni pacati ma dal sapore di rimpianto. Queste le parole del commiato: «Ho dovuto fronteggiare e superare molte emergenze (una squadra allestita in poco tempo e nessun giorno di preparazione), riuscendo a creare uno spogliatoio unito e compatto. Come raramente si vede nel mondo del calcio. E oggi c’è anche una squadra competitiva, alla quale era necessaria solo un po’ di serenità per raggiungere l’obiettivo della promozione. Purtroppo, pur avendo lavorato con grande impegno e professionalità, non sono stato assistito dai risultati. E come succede nel calcio, è il tecnico ad essere messo subito in discussione. Per questo motivo, pur con grande rammarico, proprio ora che potrei cominciare a raccogliere i frutti di quanto seminato, mi faccio da parte per il bene del Napoli».  Si prospettò pure un suo ritorno da dirigente per la successiva stagione, ma non se ne fece niente: anche perché la sua vita era ed è il campo, e c’era il Messina ad attenderlo.

NAPOLI NEL CUORE – Cortese, disponibile e sempre con tanta voglia di parlare di Napoli: Ventura non ha per niente dimenticato l’esperienza sulla panchina azzurra e dalle sue parole traspare sempre la gioia di poter parlare agli amici napoletani, un ambiente e una tifoseria che lui stesso non esita a definire impareggiabile, una città che se non la vivi non puoi capirla davvero. Ventura è davvero rimasto molto legato alla città e alla gente di Napoli, si capisce da come ricorda tutto e tutti, dai momenti di difficoltà e da quelli in cui ogni cosa sembrava potersi aggiustare. Non si è mai avuta l’impressione di parlare con un uomo arrabbiato con qualcuno. Forse solo col tempo, che non gli è stato amico. E c’è pure una cosa che fa sorridere. Di un Ventura sorpreso nella sua versione ironica, quella che quasi mai traspariva. Interpellato il direttore Marino sull’amaro distacco del tecnico, liquidò la questione profferendo che «un allenatore deve avere costanza e …culo» . Pronta la risposta dell'”epurato”: «La costanza credo di averla dimostrata; per la seconda cosa mi stavo organizzando…» 

RIECCOLO – Non ebbe fortuna da calciatore, arrivando sino alla C, per poi fermarsi definitivamente per un grave infortunio alla schiena (che di tanto in tanto riemerge). Ecco perché adesso in campo ci mette l’anima. Il tecnico che ama la Samp, Fabrizio De André e il golf, ha avuto sempre molti corteggiatori, il suo curriculum consta di circa venti squadre (alcune lasciate e riprese), al Toro è approdato nel 2011 subito dopo aver lasciato il Bari. Dopo il distacco, per sei volte ha ritrovato gli azzurri, ma non gli è andata mai bene. Il Napoli è un tabù per Ventura anche da avversario, poiché nel 2007 alla guida del Verona perse entrambi i match, idem nella sua prima stagione al Bari, e nella seconda pareggio e sconfitta. Domani allora col “dente avvelenato”? Sarà, ma anche con un pizzico di nostalgia.

Fonte: Corriere dello Sport

La Redazione

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