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Napoli festeggia tutta la notte la grande vittoria

Le magie di Lavezzi e Cavani incantano il San Paolo

Altro che Viareggio e Rio! Per una notte, il Carnevale vero è qui: all’interno dello stadio e poi nei viali, nelle piazze, nei vicoli che da Fuorigrotta sfidano la fredda pioggerellina stile british e puntano diritto verso il centro, verso il mare piatto e scuro. Tutti con la voglia di far festa e tutti con la stessa maschera, i napoletani: quella azzurra della felicità. Sissignori: dopo aver temuto molto, dopo aver stramaledetto la sfortuna nera di Paoluccio Cannavaro e il gol di Mata, Napoli festeggia come Champions comanda i saturnali del pallone. Perché il martedì grasso è grasso davvero, questa volta. Perché il gol di Cavani ha il gusto forte del sanguinaccio d’una volta e quelli del Pocho, il sapore delicato delle chiacchiere migliori. Amaro, invece, il Pancake day del povero Chelsea e amarissimo quello di Villas-Boas, per il quale s’annuncia – e un po’ dispiace per la qualità e anche per la simpatia che ispira il personaggio – una tormentatissima Quaresima.

NOTTE MAGICA – Invece, proprio così (gol di Mata a parte) se l’aspettava, la voleva, la sognava questa notte il Napoli, nel torneo più importante e prestigioso. Certo, questi match durano due partite e il fantasma del gol di Mata farà compagnia a lungo ai napoletani, ma intanto Napoli e il Napoli si godono il momento. E non sognano soltanto. No, Mata o non Mata, ora i quarti li sentono un poco più vicini. Sanno che possono acchiapparli.
CHE SFIDA – Gliel’ha detto il campo. Dove il Napoli, sbanda pure un poco, è vero, ma porta forza, gioco, volontà e anche l’orgoglio che da giorni gli andava trasmettendo la città. Perché questa col Chelsea, lo stadio lo conferma, non è proprio una partita come un’altra. E’ il passo più lungo che il Napoli abbia fatto mai nella sua storia tra Campioni e Champions. E, infatti, è un Napoli guerriero quello che va in campo. Un Napoli che va sotto ma reagisce e che piano piano torna a offrire la felice sensazione che l’impossibile non esista più per questa squadra che s’esalta quando sente quella musichetta, che, chissà, Mazzarri forse farà suonare anche in campionato, prima d’ogni gara, magari nel silenzio raccolto dello spogliatoio.
FESTA OVUNQUE – E quell’inno al calcio che è la musica di fondo della Champions a fine partita invade strade e piazze di Napoli tra un fracasso di trombe e di trombette, di clacson e cori a squarciagola. E di bandiere, che per magia spuntano all’improvviso da finestre e da balconi svegliati e illuminati. E’ l’ultimo, lungo, festoso, rumoroso e anche un po’ bagnato atto di quel pellegrinaggio ch’era cominciato già nel pomeriggio. Nel primo pomeriggio.  Un avvicinamento lento e carico d’attese al tempio napoletano del pallone, come venti e più anni fa, quando in quella che allora si chiamava coppa dei Campioni, il Napoli s’apprestava ad affrontare il Real Madrid. Sì, chi c’era pure allora, ha vissuto e respirato le stesse sensazioni. Ma stavolta con un finale assai più divertente, in un San Paolo cassaforte di grandi incassi e di grandissima passione.
PIENO DI GENTE – Un San Paolo già pieno come un uovo quando mancava un’ora e mezzo alla partita. E che ha cominciato a dar forza alla squadra quando questa era ancora ben lontana dallo stadio. Una, due, tre ore di tifo senza sosta e alla fine pure senza fiato per godere d’una delle notti più belle della storia azzurra, tra il luccichio delle volate di Maggio sulla destra, il tip tap vincente di Zuniga, la ritrovata geometria di Inler, la spinta feroce della gente, il calcio istintivo di Cavani, le fantasie del Pocho che, c’è poco da fare, fa la differenza pure quando il gol se lo divora. E’ così che comincia la grande festa azzurra che poi tira avanti quasi sino all’alba, accompagnando con il suo frastuono il ritorno malinconico degli inglesi a Londra.  Notte da mettere in cornice. Notte da ricordare. Notte che appartiene a tutti e non solo a chi va in campo e gioca. Se possibile, infatti, da ieri sera il vincolo d’amore tra la città e la squadra è diventato ancor più forte, mentre le facce dei giovanotti di Mazzarri e di Mazzarri stesso sono diventate icone nuove e quasi storiche d’un successo di tutta una città. E, signori, siamo solo al primo tempo?
Fonte: Corriere dello Sport
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