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Napoli stanco ed imballato, gli azzurri sbattono contro il muro del Sassuolo

NAPOLI – Incredibile e però vero: Napoli 1, Sassuolo 1, e in quello stadio un po’ stordito, fiaccato nella palpabile euforia, l’eco degli applausi sa di gratitudine per chiunque, per un’ora e mezza matta e imprevedibile. Il pareggio che non t’aspetti è una indiscutibile «sorpresona»: ma la frenata d’una (ormai ex) capolista sfiancata dalla corsa folle è scatenata dalla ribellione al destino (e ad un esonero che pareva annunciato) di Di Francesco e dei suoi «debuttanti», che in una notte abitata dalle streghe emergono con la diabolica applicazione di chi non ha nulla da perdere e pure qualcosa di buono da mostrare.

CLAMOROSO – Al San Paolo: perché in quella serata scintillante l’ospite sa come attirare l’attenzione, risorgendo dalle proprie ceneri, lasciandosi alle spalle le macerie psicologiche dello 0-7, riemergendo immediatamente, con caparbietà e pure attraverso un’idea di calcio dagli abissi nei quali l’aveva spinto la terrificante randellata di Dzemaili (14’), un destro terra-terra dal quale sarebbe stato complesso riprendersi. La festa è già cominciata (e da un po’) e al Napoli l’ebbrezza dà alla testa, induce a goliardiche interpretazioni, quanto basta per concedere al Sassuolo di ripartire, di trovare qualche diagonale di passaggio e di capitalizzare la verticalizzazione Kurtic-Zaza (20’), rapida e letale, con la sassata che sbriciola la resistenza di Reina. Ed allora, si riparta, ognuno a modo proprio: il Napoli ha esigenze di copione che invitano ad attaccare (in massa), il Sassuolo ha spartito più leggero e può coprirsi (con densità al di là della linea del pallone). L’inevitabile assalto è per uomini forti e le coronarie rischiano a ripetizione: su Mertens (22’: ma che bravo Pegolo), su Hamsik (25’: ma che coraggioso Bianco, a murare a corpo morto), soprattutto al 27’: Zaza ci mette tutto quello che ha nel destro, scarica potenza ciclonica, però sulla linea scopre che c’è Mesto; e c’è poi Reina a distruggere i sogni di Laribi.

STRATEGIA – A confronto. Le rivoluzioni incidono, eccome, e lasciano tracce: Di Francesco ha la percezione di averle indovinate, perché in quel Sassuolo non ci sono fantasmi che agitano (eppure potrebbero, dopo lo choc di domenica), e la difesa a cinque sa di certezza psicologica; Benitez osserva e medita su quel Napoli rivoltato come un calzino, sei uomini diversi rispetto a San Siro ma, soprattutto, le difficoltà nella circolazione della palla e nell’aggiramento di una palizzata imponente, nell’inespressiva verve di Hamsik e di Higuain, di Pandev e degli esterni.

LA SCOSSA – Che Benitez cerca disperatamente va scovata tra le stelle (che s’oppongono a Fernandez, 9’ st destro a botta sicura, Pegolo non si sa con l’aiuto di quale protettore) o spulciando in panchina, lanciando però sempre sguardi preoccupati all’orgoglio del Sassuolo che è intanto intervenuto in maniera massiccia su se stesso, infilando Marzorati per Schelotto e scegliendo la resistenza a oltranza (però senza rinunciare ad osare in quelle praterie). Benitez va all’uomo contro uomo, si priva di Pandev e si affida alla rapidità di Callejon ed alla sua inventiva. La palla avvelenata è però sul sinistro di Laribi (23’) e ci vuole la disperazione di Mesto per opporsi alla rasoiata. E allora, che ci provi Insigne, l’astro nascente, soffocato però in quel lenzuolo bianco che Di Francesco ha disteso in lunghezza ed in ampiezza e dal quale non filtra aria ma un refolo di speranza, strapazzata dal colpo di reni di Reina (37’) sulla capocciata di Kurtic.

FINALE – Il Napoli s’è sgonfiato e al Sassuolo non sembra vero di poter governare e tentare di far male a campo aperto: contropiede quattro contro tre, un istante dopo che Pegolo ha smanacciato in angolo il destro di Inler, ma Cenerentola perde le scarpette, avverte il piedino: è 1-1, chi mai l’avrebbe detto, appena settantadue ore fa…?

Fonte: Corriere dello Sport

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