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Partita avvelenata, il Napoli rifiuta le medaglie

Rabbia e urla negli spogliatoi Pandev avrebbe soltanto imprecato in macedone

Una presa in giro, questo lo stato d’animo avvertito dal Napoli per come è maturata la sconfitta in Supercoppa. Di qui la decisione di disertare la cerimonia di premiazione e di non ritirare la medaglia. Infuriato in tribuna il presidente De Laurentiis, infuriato il tecnico Mazzarri che a sua volta era stato espulso, in panchina a gestire quei concitati momenti il direttore sportivo Bigon, seduto accanto al secondo Frustalupi. Presidente e direttore sportivo si sono parlati al telefono, in pochi attimi la decisione societaria di lasciare il campo al fischio finale e andare direttamente negli spogliatoi.
Un segnale forte quello del Napoli, una forma di protesta non contemplata nei regolamenti (per questo al massimo potrebbe essere ipotizzabile una multa). Poi l’ordine del silenzio stampa, tutti zitti, in attesa delle prime dichiarazioni ufficiali del presidente azzurro. La Supercoppa dei veleni, cominciata male, finita peggio. Prima la storia delle «spie» azzurre con la presa di posizione forte della Juventus, poi una nuova frecciatina di Carrera a Mazzarri. E per concludere un arbitraggio a senso unico di Mazzoleni e almeno tre decisioni che hanno penalizzato in maniera evidentissima il Napoli.
Eppure, non è una novità. Scelse di protestare disertando la consegna delle medeaglie proprio la Juventus, in una Supercoppa edizione 1998 che i bianconeri persero a Torino con la Lazio: l’allora squadra di Lippi prima subì l’espulsione di Inzaghi e poi la rete del 2-1 al 49 del secondo tempo ad opera di Conceicao. L’arbitro era Bettin. E la Juventus boicottò la cerimonia.
Gli azzurri hanno lasciato il campo a testa bassa, l’ultimo ad andar via De Sanctis, inutilmente invitato a restare da Buffon, suo compagno in nazionale azzurra. Ancora inviperiti Zuniga e Pandev, la rabbia per le due espulsioni era ancora tutta da sbollire al momento di rientrare negli spogliatoi. E ancora rabbia, urla, tante recriminazioni prima d’infilarsi sotto le docce. La sensazione di aver vissuto una delle beffe più atroci da almeno un paio d’anni a questa parte. Musi lunghi, la delusione che si legge sul volto degli azzurri mentre passano dalla zona interviste per raggiungere il pullman nel tunnel del Bird’s Stadium. Nella zona chiusa c’è un caldo infernale e le immagini della festa juventina fanno da contraltare alla rabbia e alla delusione azzurra. Sfilano via uno dietro l’altro i calciatori del Napoli, ognuno recrimina per qualcosa.
Zuniga per l’espulsione, il colombiano non si dà pace per tutte e due le ammonizioni. Come Pandev che ha detto qualcosa in macedone mentre l’assistente di linea era a una considerevole distanza, difficile di solito in questi casi decifrare le parole considerando il frastuono. Pandev che giura ai compagni di non aver offeso l’assistente, dopo averlo provato a spiegare anche all’arbitro. E poi in occasione delle proteste anche i bianconeri non sono stati teneri verso arbitri e assistenti (si sarebbe verificato un insulto di Lichsteiner), ma nei casi juventini non è stato mai preso nessun provvedimento. Due espulsi (più Mazzarri) e cinque ammoniti, tre cartellini gialli per i bianconeri, due dei quali arrivati a partita ormai chiusa e con la doppia superiorità numerica. Ecco, al Napoli ha fatto rabbia anche questo differente metro di giudizio arbitrale e una condotta di gara che ha penalizzato sempre gli azzurri al di là degli episodi clamorosi di Zuniga e Pandev. I fuorigioco non fischiati, aspetto questo che ha fatto infuriare in maniera particolare i difensori azzurri e De Sanctis, le punizioni a favore non fischiate e quelle a sfavore puntualmente rilevate anche quando non se ne riscontravano gli estremi. Difficile smaltire la rabbia, ancora nervosismo sul pullman. Oggi la squadra fa rientro a Napoli, poi due giorni di stop. Si riprende il pomeriggio di Ferragosto.

Fonte: Il Mattino

La Redazione

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