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Pepe e Bonucci niente accordo, si va a sentenza

I legali: dovevamo provarci. Verdetto tra l’8 e 10 agosto per il difensore e l’esterno

Una lunga giornata di trattative serrate non è bastata: i legali degli juventini Simone Pepe e Leonardo Bonucci non sono riusciti a trovare la quadra con il Procuratore federale Stefano Palazzi e i due calciatori dovranno attendere la prossima settimana per conoscere il loro futuro. Tra l’8 e il 10 agosto, infatti, la Commissione Disciplinare renderà pubbliche le sentenze del doppio processo al Calcioscommesse relativo agli atti delle Procure di Cremona e Bari.
A nulla è valsa la presenza in aula dell’amministratore delegato bianconero, Giuseppe Marotta, e degli stessi imputati. L’intesa cercata per tutto il giorno non è arrivata. Il Procuratore ha tentato di trattare sino all’ultimo con le parti, facendo bloccare il dibattimento per ben due volte nel pomeriggio. Nonostante la pausa pranzo, perfino tra l’arringa degli avvocati Gian Pietro Bianchi e Luigi Chiappero, difensore anche di Pepe. «Troppo complessa» la mediazione, si è lasciato sfuggire poi Palazzi. Troppi i soggetti coinvolti. Il destino di Pepe e Bonucci, infatti è legato a quello del senese Nicola Belmonte, del granata Salvatore Masiello e dell’Udinese: tutti deferiti per la presunta combine di Udinese-Bari del 9 maggio 2010. Pepe in quella stagione vestiva la maglia dei friulani, Bonucci, invece, quella dei pugliesi.
«Era fisiologico provarci. Anche se uno ha ragione da vendere, deve calcolare che al processo il rischio c’è sempre, quindi è giusto fare valutazioni e ragionamenti per vedere se sia possibile arrivare a un’intesa», ha spiegato Chiappero. L’intesa però non c’è stata ed entrambi andranno a sentenza. Pesanti le richieste: 3 anni e 6 mesi per Bonucci; un anno per Pepe. Ma ieri, nel caos generale delle contrattazioni, per la prima volta dall’inizio della stagione dei processi Palazzi è apparso in difficoltà e un po’ solo: schiacciato forse dalla pressione mediatica e di parte dell’opinione pubblica che due giocatori conosciuti come i bianconeri possono essercitare, anche indirettamente. Nel mero ambito del dibattimento, invece, a far vacillare l’accusa c’ha pensato prima l’avvocato Bianchi e poi Chiappero. Entrambi hanno cercato di demolire la credibilità dell’ex capitano Andrea Masiello, il «pentito» che incastrerebbe i due juventini. «Le dichiarazioni di Masiello sarebbero per la Procura federale progressive di arricchimento, ma è un progressivo climax di illogicità – ha attaccato Bianch – Di mano in mano che Masiello cerca di rendere utile la propria versione si contraddice. Tanto che non si capisce che ruolo avrebbe Bonucci in questa partita». Palazzi ritiene che abbia avuto un ruolo attivo e gli contesta l’illecito aggravato. Pepe, invece, sarebbe stato sentito da un altro ex barese, Salvatore Masiello, che in una telefonata avrebbe sondato la sua disponibilità alla combine promettendo allo juventino di potersi comprare così l’auto della vita: una Ferrari. I legali Juve confidano nell’assoluzione di entrambi. Una loro condanna sarebbe, secondo Chiappero, «una perdita per lo sport italiano e per il calcio in generale».
I due bianconeri però sono solo due dei 25 tesserati (tra cui l’altro juventino Antonio Conte) che rischiano squalifica. Ci sono anche l’ex capitano del Bologna Marco Di Vaio che ieri ha detto che il processo «è la partita più importante della mia carriera»; il difensore felsineo Daniele Portanova che si è dichiarato «pronto a lottare in ogni sede per dimostrare la verita» e il portiere Daniele Padelli, trascinato nel vortice per la presunta combine di Palermo-Bari. «È stata una delle mie tre partite disputate in Serie A, un sogno che oggi rischia di trasformarsi in incubo», ha sottolineato ai giudici.
Sei, invece, i club (Ancona, Grosseto, Novara, Bologna, Lecce, Udinese) con Grosseto e Lecce che vedono la Lega Pro. «Sul piatto della bilancia c’è una costruzione accusatoria, e dall’altra parte ci sono contraddizioni, incoerenze, vuoti e verità smentite dagli stessi fatti», si è lamentato Mattia Grassani, legale dei salentini.

Fonte: Il Mattino

La Redazione

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