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Roberto Colombo: ”A Napoli i tifosi ti danno tutto, ma non tollerano tradimenti. Amo questa città perchè…”

"Benitez mi ha rinnovato il contratto senza conoscermi, mi ha fatto il regalo più bello"

Roberto Colombo vuol dire qualità. Sportive, calcistiche, umane, imprenditoriali tutte spalmate di buon senso. Laureato in economia e commercio, ha lastricato di parate la sua carriera dalla serie C2 alla serie A. Assaggiando anche il pregio della panchina in Champions League con il Milan e con il Napoli. Del terzo portiere ha poco o nulla: fisico integro, scolpito, umiltà vera e sincera, l’ambizione di scollinare i 40 anni (ne ha quasi 39) per vincere l’ennesima sfida. Longevo, soprattutto di testa, ha intelligentemente integrato i pregi della sua milanesità con quelli della napoletanità. Facendolo diventare un pilastro dello spogliatoio, riuscendo a mettere incredibilmente d’accordo due allenatore del calibro di Mazzarri e Benitez

Ma Roberto Colombo ha…scoperto una Napoli che nessuno conosceva?
«Diciamo che mi sono presentato portando in dote la cultura del lavoro e l’educazione che ho assorbito al Milan. E poi Napoli va giudicata solo dopo averla conosciuta. Ci sono troppi pregiudizi, c’è una visione spesso sbagliata sia della città che dell’ambiente».

Ma quel Milan che non c’è più?
«Solo per la mancanza di certi giocatori… In realtà adesso sembra che alcuni club, come ad esempio il Bayern, abbia scoperto chissà che cosa… Ma è stata Milanello la “culla” delle innovazioni, delle idee e di un certo modo di lavorare che oggi stanno riprendendo altri grandi club».

Dal Milan al Napoli. Tanti anni di gavetta, una carriera sbocciata forse troppo tardi?
«No, io penso che ognuno di noi debba fare un percorso ben preciso nell’arco della sua vita sportiva. Dopo la mia trafila nelle giovanili nel Milan ho seminato bene, la mia strada è diventata meno complicata a 30 anni quando sono stato ingaggiato dal Bologna».

Roberto Colombo è riuscito a mettere d’accordo Mazzarri e Benitez…
«Mazzarri ha avuto sempre grande stima di me, mi seguiva da tempo… Benitez mi ha fatto il regalo più bello: senza conoscermi mi ha rinnovato il contratto. Devo molto ad entrambi gli allenatori».

Perché Colombo è così stimato qui al Napoli?
«La mia esperienza mi consente di poter dare buoni consigli ai giocaoti più giovani e ai nuovi arrivati. Cerco di trasmettere quello che ho dentro agli altri. L’aspetto più importante? L’orgoglio di giocare, di conquistare la stima dell’ambiente e di tutto il gruppo».

Quale è il problema che si riscontra maggiormente nella gestione di un gruppo di calciatori?
«Le vittorie alimentano la “fame” sportiva, quindi bisogna innescare un processo di continuità. Questo fa la differenza. Chi vince in maniera solo occasionale rischia di avere subito la pancia piena e smette di crescere».

Che caratteristiche deve avere un calciatore per essere da Napoli, per essere considerato un vero campione?
«Deve essere prima di tutto un uomo forte e sempre sincero. Bisogna avere gli attributi per affrontare un popolo come quello azzurro che ti dà sempre tutto ma che non vuole essere mai tradito. Bisogna avere coraggio, tanto…»

Non solo nel calcio, a quanto pare, perché Roberto Colombo ha già conquistato anche due importanti obiettivi «extra»…
«Mi sono laureato in economia e commercio, cercando di mettere subito a frutto i miei studi con alcune iniziative imprenditoriali».

Una su tutte…
«Quella che mi sta più a cuore è sicuramente “Dolci Libertà”. Si tratta di un progetto sviluppato nel carcere di Busto Arsizio dove è stata creata una struttura che produce cioccolato e dolci. In questo modo già una settantina di persone hanno imparato un lavoro che potrà aiutarli sicuramente in futuro nel reinserimento nella società. Spero a breve di poter allargare questa iniziativa anche ad altri istituti».

Meglio fare il portiere o l’imprenditore?
«Fisicamente sto bene, finché qualcuno mi vorrà mi farò trovare pronto il mio obiettivo è arrivare almeno a 42-43 anni ancora fra i pali di una porta, poi prenderò un’altra strada».

Come si sta evolvendo il calcio moderno?
«Secondo me il calcio non deve essere governato ma deve governare… Si tratta dello sport e, probabilmente, del fenomeno sociale più democratico del mondo. Può giocare chiunque, non ci sono limitazioni di alcun genere. Per questo motivo diventa sempre più importante gestirlo in maniera corretta e sempre costruttiva».

Ci sono spesso molti conflitti fra il tecnico e i giocatori. Come va gestito questo rapporto?
«Vanno sempre rispettati i ruoli. L’allenatore è paragonabile al direttore di un teatro, i giocatori sono gli attori, gli interpreti. Non esiste che queste due componenti possano seguire strade diverse. Ogni allenatore sposa un progetto del quale deve essere convinto. Il rapporto deve essere fra uomini. Un giocatore deve sapersi adattare a un ruolo anche non suo. Siccome l’allenatore è sempre quello che paga prima di tutti e più di tutti non può certo tirarsi la zappa sui piedi facendo delle scelte sbagliate e controproducenti».

Chi dovrà gestire la Federazione e la ricostruzione del calcio italiano?
«Non conosco personalmente né Albertini né Tavecchio. Quello che so è che servono le idee, di questo sono certo. Oggi l’età può sembrare un difetto ma diventa un vantaggio per l’esperienza che serve ad aiutare i giovani. I pro e i contro di questa scelta al vertice della Federazione non derivano dall’età di chi si propone».

Fonte: Corriere dello  Sport

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