Oggi è il giorno della verità per il San Paolo. Alle 12, in Prefettura, la «Commissione provinciale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo» esaminerà l’incartamento che il Comune presenterà per ottenere i certificati di agibilità dell’impianto di Fuorigrotta. Tre i punti intorno ai quali gira la licenza di agibilità: gli esami statici, ovvero la salute dell’impianto costruito nel 1959; l’impiantistica, con particolare riferimento a quella elettrica ed elettronica e infine, ma non ultimo, il sistema antincendio. Se arriverà l’ok, il Napoli calcio potrà giocare nel suo stadio le gare di campionato e di Champions, in caso contrario, per vedere giocare gli azzurri dal vivo bisognerà trasferirsi a Palermo.
Il dossier del Comune – proprietario del San Paolo – sarà presentato dal capo di gabinetto Attilio Auricchio e dal consulente scientifico Antonello De Luca, docente universitario alla facoltà di Ingegneria della Federico II con cattedra in Tecnica delle costruzioni. Il professionista scelto per fare le prove appunto di agibilità. «Abbiamo concluso – spiega il docente – la prima parte delle indagini meccaniche. I rapporti preliminari sono assolutamente positivi sullo stato di salute dell’impianto. Abbiamo fatto 450 tra carotaggi e prove distruttive, lo stadio è come se avesse la salute di un giovanotto di 30 anni». Molto asciutto De Luca, del resto l’ultima parola spetta alla Commissione e non sbilanciarsi è obbligatorio. Quello che trapela da Palazzo San Giacomo è un cauto ottimismo. Il basso profilo è utile per due motivi: non cantare vittoria perché l’esame è duro, ma soprattutto nessuno vuole sminuire il ruolo della Commissione tenuta in grande considerazione.
Detto questo, negli ultimi sette anni il via libera è stato dato senza indugiare granché e con ben poche «carte a supporto», raccontano in Comune. Domani, invece, i membri della Commissione si troveranno davanti una montagna di rilievi scientifici, tanto che mai, per esempio, era stato fatto un esame antisismico all’impianto. Né alla struttura originaria del 1959 e nemmeno a quella venuta fuori dopo i mondiali del ’90. E in mezzo ci sono stati pur sempre due eventi sismici di grande rilievo.
La vera sfida sono i tempi. Se c’è un vero timore è proprio su questo. È l’interrogativo che sta facendo tremare il sindaco Luigi de Magistris che sulla questione ci ha messo la faccia e il suo primo collaboratore, Auricchio; e anche Aurelio De Laurentiis, il patron: senza San Paolo il Napoli andrebbe economicamente in affanno. Domani – infatti – la società deve comunicare alla Figc e dunque alla Uefa il cambio di location, ovvero da Palermo a Napoli. La Commissione – in linea teorica – dovrebbe esaminare e dare una risposta, qualunque essa sia, nella giornata di oggi. Ce la farà? I dubbi sono legittimi e così spuntano i piani alternativi. Il termine del 10 è ordinatorio. La sostanza è che fino al varo dei calendari di serie A, cosa che dovrebbe accadere entro le prossime due settimane (l’anno scorso addirittura si arrivò al 26 luglio) ci sarebbe tempo per presentare la documentazione completa sull’agibilità. Il piano «C» è il braccio di ferro. Tutti sostengono che non si arriverà a tanto. Però norme alla mano l’organismo nominato dalla Prefettura «e permanentemente convocato nel Palazzo di Governo» esprime «parere obbligatorio e non vincolante». Ovvero, detta le prescrizioni ma tocca al proprietario preoccuparsi di ottenerle. Il Comune potrebbe, in caso di no reiterati o perdite di tempo che graverebbero sulla vita dell’impianto, infischiarsene del parere della Commissione e dare l’agibilità. A quel punto ci sarebbe il rischio che a intervenire potrebbe essere il Prefetto, bloccando tutto per tutelare la salute dei fruitori dello stadio. Come si può ben capire è una giungla burocratica tale da rimanerci secchi. Dove il principio che regna è sempre lo stesso: scaricare le responsabilità – è il caso di dire – nella metà campo dell’avversario.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
G.D.S.
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