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Serie A, B e Lega Pro verso la rivoluzione, Tavecchio: “Meno squadre in tre anni”.

Per il nuovo presidente federale Tavecchio la riforma dei campionati «è la madre di tutte le battaglie» . Una priorità che dovrebbe essere tecnica – meno squadre e meno partite, più qualità e livellamento verso l’alto – ma che, alla fine, si rivela una strategia ispirata da ragioni economiche: «Le risorse devono essere distribuite meglio, inutile nascondersi: siamo in una situazione meno florida» . Risorse da ripartire tra meno squadre: 18 in A, 18-20 in B, più a cascata una Lega Pro che delle attuali 60 squadre dovrebbe scendere almeno a 40 club, meglio ancora se 36, come vorrebbe Claudio Lotito, delegato alle riforme e già attivo durante la presidenza Abete nel proporre alle altre leghe questo modello, con alcuni punti in comune con quello tedesco.
La madre di tutte le riforme, dunque. Non sarà la prima a vedere la luce – «Sarà attuata nell’arco del triennio» , spiega infatti Tavecchio – ma di sicuro rappresenta il primo banco di prova sul quale misurare la tenuta dell’accordo di maggioranza tra le quattro leghe. Serie A e B da tempo si stanno confrontando sul tema, ma è la Lega Pro oggi a porsi in maniera critica rispetto alle prime proposte: è già passata da 90 a 60 squadre, ha eliminato una divisione, difficilmente potrebbe accettare un nuovo e drastico taglio in tempi così brevi. «Essere compatti non significa concordare al cento per cento su tutte le cose, vuol dire attuare una politica, fare quello che il presidente Tavecchio aveva messo nel programma e che noi abbiamo appoggiato», spiega Mario Macalli, presidente della Lega Pro. Sintentizzando la questione così: «Io sono passato da 90 a 60 squadre. Adesso come vado dai miei presidenti a dire loro “ventiquattro squadre le mandiamo a casa”?» .

Equilibri. Di sicuro, agenda alla mano, è sfumata una possibilità concessa da uno degli ultimi Consigli Federali della presidenza Abete: se un accordo sulla riforma dei campionati fosse stato trovato entro il 30 settembre, si sarebbe partiti con il nuovo format dal 2016-17, dopo una stagione di transizione. Si andrà su tempi più lunghi, come ha spiegato il presidente Tavecchio. Serve un confronto tra leghe e componenti per approdare ad una maggioranza qualificata (75%) al momento del voto. Riformare i campionati vuol dire anche ridurre i confini del professionismo. Meno squadre, meno posti di lavoro: è un tema assai delicato anche agli occhi dell’Assocalciatori, ancora più delicato dell’altra riforma che riguarda da vicino i giocatori, cioè l’introduzione delle liste sul modello Uefa in Serie A dopo che già la Serie B da anni adotta un modello di rose bloccate.
Il nodo. Il confronto viaggia su due piani diversi: c’è il dialogo tra le leghe (e le componenti tecniche) e quello interno alle leghe stesse. Come in Consiglio Federale, anche all’interno delle singole assemblee occorrerà una maggioranza qualificata. Ed è facilmente comprensibile quanto sia difficile ottenere un sì chiedendo grandi sacrifici alle società: meno squadre, maggior rischio di retrocessione, minori chance di promozione, sono tutti parametri che orienteranno il voto all’interno di ciascuna lega.
Poi c’è il dialogo tra le leghe stesse. Della posizione della Lega Pro abbiamo già detto: verrebbe investita a cascata da questo processo riformista e dovrebbe affrontare il sacrificio più grande di tutti. Serie A e Serie B, invece, sul tema stanno discutendo, tra di loro e nelle rispettive assemblee, da tempo. Cercando un’intesa sul meccanismo di promozioni-retrocessioni, che è poi il nodo del problema. L’assemblea di A è favorevole alla riduzione a 18 squadre, la B ha già detto sì alla riduzione a 20 club, anche se il modello di Lotito vorrebbe un torneo cadetto anch’esso a 18. La soluzione ideale, sempre per Lotito, sarebbe una retrocessione diretta dalla A e una vincolata ad un superspareggio con la B (perdente dei play off, o comunque la prima non promossa), sul modello tedesco (lì si giocano il posto in Bundesliga la terzultima della prima serie e la terza della seconda divisione). Una soluzione condivisibile può essere questa: due retrocessioni dirette dalla A alla B, più la terzultima che entrerebbe nei play off promozione del torneo cadetto. Ma è un’ipotesi, sul tavolo possono essercene altre.
Ieri in Consiglio Federale (assenti anche Ulivieri e De Sanctis) non c’era Andrea Abodi, presidente della Lega di B. La sua assemblea si riunirà mercoledì 17 per discutere anche di questo argomento: possono emergere indicazioni interessanti in quella sede.

Passaggi tecnici. La complessità della riforma è data non solo dal modello a cui approdare ma anche (e soprattutto) dal percorso da seguire: tecnicamente, come compensare retrocessioni e promozioni nella fase di transizione.
Lotito spiega così il suo modello di riforma: «Puntare all’autosussistenza economico-finanziaria dei campionati. Ci sono società che saltano, dobbiamo evitare che i campionati siano caratterizzati dalla precarietà» .

Fonte: Corriere dello Sport

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