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Sono nato in un’epoca calcistica costellata di numero dieci senza sentenze e senza avvocati

Il calcio italiano sembra un pugile barcollante, gonfio e prossimo al ko

Sono state settimane di comunicati, di dichiarazioni, di contrasti, di contese, di ordinamenti e di avvocati. Sono settimane dure per gli amanti dello sport più bello e più seguito del mondo.

LA SENTENZA E LA LENTA AGONIA 

La sentenza di mercoledì scorso del giudice sportivo che ha inflitto al Napoli un punto di penalizzazione e il 3-0 a tavolino a favore della Juve ha riattizzato un fuoco di polemiche che hanno inferto un altro duro colpo ad un sport già malato e agonizzante. Tutti si sovrappongono con le proprie idee dando ragione a Tizio o a Caio, ma è tutto un  vortice destinato a spazzare via tutto il bello del calcio.

Il calcio italiano sembra un pugile barcollante, gonfio e prossimo al ko. Ma la cosa preoccupante è che nessuno sta alzando un dito per arginare questa lenta agonia con stadi già vuoti prima del Covid e un disaffezionamento dei tifosi destinato ad aumentare in maniera esponenziale.

Quando invece di parlare di calcio giocato si discute di competenze dell’ASL, di sentenze o altro, vuol dire che si è intrapresa una strada che porta direttamente verso il baratro e senza la possibilità di ritornare sui propri passi.

UN CALCIO CHE NON C’E’ PIU’

I miei primi ricordi del calcio sono ricchi di calciatori forti e di giocate sensazionali,  stadi pieni e con coreografie pazzesche. Ricordo l’attesa tremenda che mi assaliva per il weekend e la più completa euforia e gioia quando ascoltavo le partite con la radiolina o quando vedevo ‘Quelli che il calcio’ e 90minuto.

Perché sono nato in un’epoca calcistica costellata di numero dieci: da Maradona, Platini a Del Piero e Totti passando per Roberto Baggio e Mancini.
Sono nato in un’epoca calcistica dove il numero dieci illuminava il campo ed emozionava un intero stadio con un passaggio filtrante al bacio per il proprio compagno.
Sono nato in un’epoca calcistica dove c’era la difesa a uomo e i difensori, prima d’essere ammoniti, infliggevano ai propri avversari  almeno tre calcioni e qualche strattonata vigorosa .
Sono nato in un’epoca calcistica dove non c’erano numeri personalizzati, ma la classica nomenclatura: il numero 1 era il portiere, i numeri 2 e 3 i terzini destro e sinistro, il numero 4 il difensore centrale, lo stopper. Il numero 5 era il libero, l’uomo a capo della difesa ma libero, appunto, da precisi compiti di marcatura. A centrocampo c’erano i numeri da 6 a 11, con eccezione del 9 che è l’attaccante per antonomasia, la punta centrale.
Il numero 6 era il mediano, quello di cui parla il Liga, il numero 8 l’interno che equilibra il gioco ,poi c’erano le ali, destra e sinistra, il 7 e l’11 e il 10 era il classico regista, il perno centrale del giocattolo.
Sono nato in un’epoca calcistica dove non c’era nessun risultato scontato e la squadra neopromossa aveva più possibilità di strappare un risultato sul campo del team scudettato l’anno precedente.
Sono nato in un’epoca calcistica dove la vittoria valeva solo due punti.

Sono nato in un’epoca calcistica dove Protti e Hubner erano capocannonieri.
Sono nato in un’epoca calcistica zeppa di bandiere come Maldini, Baresi, Totti e Zanetti ecc…
Sono nato in un’epoca calcistica dove in Italia c’erano i migliori calciatori al mondo: Zico, Platini, Socrates, Matthäus, Klinsmann, Maradona, Van Basten, Gullit, Savicevic, Weah, Zidane, Ronaldo il fenomeno ecc…
Sono nato in un’epoca calcistica dove i club italiani vincevano in lungo e in largo in Europa.
Sono nato in un’epoca calcistica dove era facile imparare a memoria tutte le squadre perché non c’era un calciomercato basato sulle plusvalenze.
Sono nato in un’epoca calcistica dove il calcio non era inquinato da calciopoli, scommesse, violenza, diritti televisivi, sentenze del giudice sportivo e procuratori che non curano il futuro del proprio assistito, ma guardano solo le commissioni da prendere.

IL CALCIO E’ UNA GIOSTRA IMPAZZITA

Il calcio è una giostra impazzita e quindi  cambia e deve cambiare, ma non si deve perdere la poesia, la fantasia e la passione che trasmetteva e trasmette il numero dieci perché il calcio non é solo uno sport ma uno stato d’animo con infinite congetture che ti accompagnano per tutta la vita.
Come si fa a non essere romantici con il calcio?

WILLIAM SCUOTTO

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