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Sorrentino: “A Babbo Natale Aurelio chiedo lo scudetto come regalo”

Non serve altro che un pallone per dribblare le ritrosie dell’intellettuale. Pronunci la parola- chiave e in un attimo nella cortina di riservatezza che avvolge Paolo Sorrentino si apre una breccia.
La chiave per scardinare l’aplomb di un napoletano dal cervello fino è quel «calcio» vituperato da certi pensatori schizzinosi. Tanto che Eduardo Galeano, fuoriclasse uruguaiano che sta alla letteratura come Cavani al pallone, raccontò: «Quando dico che mi piace il fùtbol, i miei colleghi mi guardano come se andassi in giro a stuprare le novantenni vedove». Come Galeano, Sorrentino, regista, scrittore e attento fruitore di musica («ascolto di tutto, anche cose molto lontane tra loro»), non ha problemi a confessare la propria passione. «Si, lo amo. E poi non sono né intellettuale né schizzinoso», si schermisce sorridendo lui, che d’altra parte il suo primo, poetico film, «L’uomo in più» (2001), l’ha ambientato proprio nel sottobosco pallonaro. «Ci sono fuoriclasse molto vicini alla forza poetica. Ho avuto la fortuna di vedere a bordocampo alcune partite di Serie A e lì si ha una percezione della fisicità devastante. La forza fisica è poetica quanto la tecnica».

Dove ha visto la partita col Bayern? «A casa, da solo. Sono riuscito a strappare un’ora e mezza al lavoro. Anzi, meno: ho acceso la tv che la partita era già cominciata da un quarto d’ora, mi sono perso il gol del Bayern. Meglio così»

Manca qualcosa a questoNapoli per il copione che i tifosi sognano? «Il Napoli è forte. Il Bayern non prendeva gol da 25 partite e noi ne abbiamo fatto uno. Mi sembra proprio che non manchi nulla. Un sostituto di Cavani? C’è Pandev, quando entrerà in forma potrà risultare decisivo».

Il suo film, «This must be the place » è primo nelle sale. Anche il Napoli insegue il primato? «Sì, il film mantiene il primato. E anche il Napoli può agganciare il primo posto in questo campionato molto livellato, in cui Milan e Inter non sono invincibili e la Juve corre troppo per farcela fino alla fine».

La Champions può essere un ostacolo? «Io romanticamente sono molto legato alla gioia dello scudetto. Ero ragazzino quando vincemmo gli scudetti con Maradona e fui felicissimo. A Babbo Natale Aurelio come regalo chiederei il campionato. O la Champions, ma solo a patto di chiamarla Coppa dei Campioni, alla vecchia maniera».

Domenica vi siete incrociati sul palco del Napoli Film Festival. Che vi siete detti? «Aurelio mi ha detto che vedrà il film e mi farà sapere. Io gli ho risposto che aspetto con ansia. Negli ultimi giorni ha avuto un po’ da fare (sorride, n.d.r.),masono sicuro che mi chiamerà presto. Ci conosciamo bene, mi ha invitato spesso allo stadio e con me in tribuna il Napoli ha sempre vinto. Tornerò al San Paolo e all’Olimpico accanto a lui anche quest’anno».

Il presidente ha paragonato Mazzarri a Sean Penn, protagonista del suo film. Che ne pensa? «Non la ritrovo questa somiglianza. Mazzarri nei tratti somatici è profondamente italiano, Penn è profondamente americano».

Anche Sean Penn, nel suo genere, è un campione. «Certamente, ma anche Servillo lo è. I fuoriclasse ce li abbiamo anche in casa».

De Laurentiis è più bravo come produttore o come presidente? «È molto bravo in entrambi i ruoli. Sta facendo cose straordinarie comepresidente e ha un grande intuito per il cinema. Lavorare insieme? Perché no, ogni tanto ne parliamo. Bisogna trovare l’occasione ».

Com’è la sua Napoli vista da (relativamente) lontano? «Quando vivevo a Napoli ero un po’ assuefatto ai problemi della città. Da quando sto a Roma, li noto di più. C’è, ad esempio, una pericolosa convergenza tra le negligenze della politica e quelle della cittadinanza. Almeno uno dei due elementi dovrebbe tirare dall’altra parte, invece continuano ad andare entrambi nella stessa direzione ».

L’ubriacatura collettiva e trasversale per il calcio denuncia lo stato di crisi della città? «Non ho mai creduto a questa cosa, si diceva pure ai tempi di Maradona. I napoletani hanno una meravigliosa predisposizione al gioco e il calcio è il gioco più bello, più raffinato, più strategico. Pensare che vanno allo stadio per dimenticare sarebbe un’offesa all’intelligenza dei napoletani.

 

La Redazione

C.T.

Fonte: Gazzetta dello Sport

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