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«Spacciò per gioco»: Balotelli, nuova bufera a Napoli

Il fatto sarebbe avvenuto durante un soggiorno dell'attaccante nel capoluogo partenopeo nel 2010: andò alle Vele per fare delle foto

Non fu solo un tour tra gli zombie di periferia, un viaggio esotico all’ombra delle vele. No, ci sarebbe stato dell’altro, almeno a sentire un pentito di ultima generazione, uno che si è fatto le ossa tra i cosiddetti «girati» di Secondigliano, i protagonisti dell’ultima faida. Si chiama Armando De Rosa e racconta tutti i particolari di un fatto noto, quella specie di giro tra pusher e tossici di Scampia organizzato dalla camorra di Secondigliano in onore di Mario Balotelli. Oggi il pentito rincara la dose: Balotelli volle provare a spacciare, fece il pusher per scherzo, tanto da vendere dosi di cocaina ed eroina – le cosiddette pietrine rosse e gialle – e si fece fotografare mentre le vendeva, sembrava divertito. Immediata la risposta dell’attaccante del Milan e della Nazionale, che affida a un tweet tutto il suo dissenso: «Ahahaha adesso spaccio droga! Prima andavo a put… Ma vergognatevi. Usate il mio nome, solo per audience». Storie napoletane che rimbalzano nel ritiro della Nazionale di Prandelli, a proposito di quella estate del 2010, di quei giorni napoletani in cui Supermario fu premiato come giocatore dell’anno. Oggi spuntano le accuse di un paio di pentiti sul rapporto tra pezzi di borghesia cittadina, per lo più imprenditori nel ramo della ristorazione, e la parte oscura della città, quella della malaperiferia di Scampia. E ce n’è anche per un altro volto noto del calcio internazionale, l’ex azzurro Ezequiel Lavezzi, oggi al Paris Saint Germain, che viene tirato in ballo dal pentito Emanuele Ferrara. Secondo Ferrara, il Pocho si sarebbe recato in alcune occasioni a Miano – area nord di Napoli – per assistere come spettatore alle partite del boss Antonio Lo Russo (all’epoca non ancora latitante, ndr), una sorta di omaggio per uno che «andava pazzo per il Napoli», tanto da seguire il club azzurro a bordo campo camuffato da giardiniere.
Calcio e camorra, giocatori attirati in visita nella gomorra napoletana, un po’ per scherzo, un po’ per incoscienza. Atti inediti, depositati in questi giorni dai pm anticamorra Sergio Amato e Enrica Parascandolo, titolari del processo a carico di alcuni imprenditori, tra cui Marco Iorio e Bruno Potenza, per ipotesi di riciclaggio. Ma cosa c’entra Mario Balotelli in questa storia? Sembra che la decisione di andare a fare visita nella zona delle Vele sia nata in uno dei ristoranti di Iorio, sul lungomare di Napoli. Quanto allo «spaccio per scherzo», agli atti finiscono i ricordi di De Rosa, che racconta di essersi recato nei pressi di «un negozio di siringhe» in seguito alla telefonata di un amico che gli aveva riferito della presenza di Balotelli. «Constatai – racconta – che c’era Balotelli insieme ad esponenti dei Lo Russo e degli Amato-Pagano. Per gli Amato-Pagano, ad esempio, c’erano Lelluccio Bastone, Angioletto Pagano e Raffaele Amato junior e Carmine Amato, detto ’a vicchiarella». Balotelli fece qualche foto, era un idolo per tre boss degli scissionisti (Bastone, Pagano e Amato jr), tutti di fede interista, poi chiese di «provare», di cimentarsi in qualcosa di più elettrizzante. A fare cosa? A spacciare, anche se solo per scherzo. C’era un ragazzo che spacciava «pietrine rosse e gialle» (dosi di cocaina e eroina), Balotelli lo sostituì per qualche minuto. Siamo nella zona della «discesa dei Puffi», Scampia, quartier generale degli scissionisti, il ragazzo alto e di colore si mette a fare il pusher per divertimento, ammesso che siano vere le parole del pentito. Qualche minuto di attesa e arriva il primo cliente. Un tossico, che neanche se ne accorge di aver acquistato una dose da uno dei calciatori più ambito, tanto che quando gli altri glielo dicono, lo «zombie» agita la testa e se ne va ad intraprendere il suo viaggio personale. Una leggenda o un fatto vero? Inchiesta in corso, possibili sviluppi, come è vero che si indaga anche sull’altro scenario delineato dal pentito Ferrara. Stando al suo racconto, Lo Russo jr avrebbe militato nel Miano sport, mostrando le sue doti di bomber di quartiere. Spiega il pentito: «C’era un capoultrà che accompagnava Lavezzi a vedere le partite di Antonio Lo Russo al rione Janfolla, in una abitazione che era un nostro luogo di incontro. Lavezzi venne a vedere anche le partite di Lo Russo». C’era un rapporto di amicizia tra i due, come ha spiegato lo stesso Lavezzi chiamato a testimoniare a dibattimento, tanto che in alcuni casi Lo Russo andava a trovare il pocho nella sua abitazione di Posillipo e insieme giocavano alla play station.

 

Fonte: Il Mattino

La Redazione

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