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Stefano Pioli: «Per mettere in difficoltà Walter bisogna usare le sue stesse armi»

Con i gialloblu e il Bologna il tecnico ha dato dispiaceri al Napoli negli ultimi due campionati

Stefano Pioli è la bestia nera di Walter Mazzarri: «Un po’ è così, ma il Chievo pure senza di me ha battuto il Napoli». È nato a Parma quasi quarantasette anni fa, ma ben presto il calcio lo ha portato altrove. Per l’esattezza lo ha portato alla Juventus di Michel Platini. Ma fu Trapattoni a coniare per Pioli il soprannome di «nuovo Cabrini» anche se il tecnico del Bologna si definirebbe più un centrale di difesa.

Già, la difesa.
«So già dovete si vuole arrivare: mettere in discussione le scelte di Mazzarri e il suo modulo con tre uomini là dietro. Ma non è vero che Walter non cambia nulla. Dico che se viene messo in discussione è solo per la mancanza di risultati. Diciamo la verità: gli allenatori sono bravi solo se vincono, le prestazioni non contano nulla».

E invece non dovrebbe essere così?
«Secondo me è sbagliatissimo. Mazzarri fa una disamina perfetta e corretta del momento del suo Napoli: una squadra al suo primo anno in Champions, con tante aspettative in campionato può avere delle ripercussioni nel rendimento nel corso della stagione. Il Napoli può ancora rimontare, c’è tutto il tempo. Da qui a contestarlo, mi sembra quasi assurdo».

La sensazione è che sia troppo legato al suo 3-4-2-1?
«Non è così. Lui è tra i più bravi di noi a dare dei principi alla sua squadra. Il modulo è secondario: la squadra azzurra ha personalità e se quando l’affronti non sei al top, ti devasta perché attacca con cinque, sei uomini insieme. Il Napoli sa essere spietato come pochi altri in serie A».

Eppure a lei è andata sempre bene.
«L’importante contro gli azzurri è non lasciare mai situazioni di parità numerica, perché così vincerebbero facilmente per la loro qualità individuale superiore: Cavani e Lavezzi sono autentici fenomeni».

Il modulo non c’entra per nulla?
«Faccio degli esempi: ho vinto al San Paolo lo scorso anno con i quattro a rombo in difesa, al ritorno al Bentegodi schieravo tre difensori. Più o meno con lo stesso schema ho pareggiato poche settimane fa col mio Bologna: è una questione di uomini, non bisogna fossilizzarsi con i numeri».

Però cambiare modulo durante la stagione non significa bocciare quello precedente?
«Assolutamente no. Può capitare che strada facendo ti accorgi che certe cose non funzionano più e allora ti adatti. Io l’ho fatto pure quest’anno, quando sono arrivato a Bologna. Per non dare traumi alla mia squadra, all’inizio ho provato una difesa a quattro. Poiché Mudigayi e Perez sono due mediani a cui non posso rinunciare, sono passato a tre con due cursori larghi. Ma ripeto, quello che conta è il sistema complessivo, il principio. E per me, come per Mazzarri, non cambiano mai».

Adesso il Bologna somiglia un po’ al Napoli?
«Come ho detto, se è così è solo un caso. A me del gioco degli azzurri piace l’enorme intensità e la maniera unica con cui sa sfruttare le fasce. Io ogni volta che l’affronto non imito il suo modulo, ma l’intensità e la determinazione».

Esiste un modulo ideale?
«Solo chiacchiere. Esiste l’organizzazione, l’aggressività e i ritmi super dall’inizio alla fine. E la compattezza nelle due fasi di gioco. Però per battere squadre forti come il Napoli non sempre è sufficiente: devi sperare che loro siano un po’ sfortunati. Ed ha ragione Mazzarri: negli ultimi tempi il suo Napoli un po’ lo è».

 

Fonte: Il Mattino

 

La Redazione

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