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Tanta spinta ma anche sprechi; l’attacco tra confusione ed errori

L’analisi del match perso contro l’Atalanta ad opera di Adriano Bacconi

Parafrasando Jean de La Bruyère potremmo dire che la generosità spinge il Napoli a dare molto, ma non sempre a proposito. Così per Mazzarri non può essere un vanto, e neanche motivo di consolazione, il grande volume di gioco e la netta supremazia territoriale espressa per tutti i 90 minuti. La verità è che il Napoli soffre sin dai primi minuti la presenza aggressiva di tutti i giocatori dell’Atalanta e l’assenza di Cavani. Il tridente azzurro orfano del Matador è costretto ad inventarsi soluzioni anomale, con poco costrutto.

L’Atalanta sfrutta in particolare le difficoltà dell’improvvisata catena di sinistra Gamberini e Dossena che hanno un rendimento insufficiente sia nei duelli con gli avversari sia nell’intesa tra loro. La serataccia si palesa già al 6′. Denis, braccato da Gamberini, riesce a girarsi in un fazzoletto nonostante i raddoppi di Dossena e Hamsik (perchè lo slovacco in quella posizione?). Il Tanke appena conquista il metro di vantaggio pennella un cross preciso sul primo palo per il nano Moralez che brucia nel terzo tempo Campagnaro e mette a lato di testa. Il brivido non scuote il Napoli. Mazzarri si agita in panchina, vede anche lui una squadra troppo passiva soprattutto in fase di non possesso quando l’Atalanta riparte in velocità.
Tutto inutile. Al 19′ i padroni di casa passano, sfondando proprio su quella fascia. Rinvio di Consigli prolungato oltre la linea mediana da Cazzolla, un vero martello in mezzo al campo. La spizzata mette fuori causa Gamberini e Cannavaro troppo allineanti e sorpresi dalla partenza di Moralez alle loro spalle. Recupera in modo spettacolare Campagnaro con una diagonale lunghissima. Sul successivo fallo laterale maramaldeggiano ancora in fascia gli argentini Maxi e Schelotto. Puntuali sostegno e cross di Cazzolla. In area Denis controlla di coscia senza trovare opposizione in Cannavaro. Lo stop diventa una sponda perfetta per Carmona che aveva seguito l’azione, a differenza di Inler sorpreso dalla velocità del fraseggio. Il gol mette in ansia il Napoli e non aiuta a trovare lucidità. Lo dimostra al 27′ Cannavaro che si fa ammonire per un fallo inutile a metà campo e rischia oltremodo per proteste reiterate e velleitarie.
Davanti è un balletto continuo. Hamsik parte a sinistra con Insigne punta centrale. Mazzarri inverte lo slovacco con Pandev, infine, dopo aver visto un cross di Maggio abbandonato a se stesso in un’area presidiata dal solo Insigne, si convince a piazzare il macedone di punta. I risultati sono in ogni caso modesti, la confusione e gli errori tecnici molti. L’Atalanta non cambia nulla. Nove giocatori sotto la linea della palla, reparti molto corti e grande predisposizione alla ripartenza manovrata, caratteristiche vincenti già l’anno scorso.
Il termometro delle difficoltà si misura col numero crescente di tiri da fuori. Ci provano in successione Hamsik, Inler, Cannavaro, senza fortuna perché senza convinzione.
Nella ripresa il Napoli ha il merito di non demoralizzarsi. È Hamsik, buttandosi in area senza palla, a creare i varchi più intessanti. Al 6′ allarga di prima a destra su Campagnaro e si inserisce sul primo palo, cross leggermente alto. Sulla respinta di Manfredini nuovo traversone di Maggio, questa volta sul palo lontano dove Insigne non trova la porta. Mazzarri tenta la carta Dzemaili. Dal suo piede nasce l’azione più bella della partita. Recupero sulla trequarti avversaria e doppio scambio tutto a un tocco con Hamsik prima e Pandev poi. Breve controllo dell’ex interista e appoggio a Insigne, sempre largo a sinistra. Dzemaili entra in area da un lato, Hamsik dall’altro, l’assist, sempre di prima intenzione, è per quest’ultimo. Sembra gol ma la conclusione di sinistro non è sufficientemente angolata e Consigli la intercetta. Ha ragione Mazzarri a dire che questo è stato il momento che poteva cambiare la partita. Ci sarebbe stato ancora il tempo per cercare la vittoria. Putroppo 45′ condotti sotto ritmo e senza giusto approccio mentale costringono il Napoli a rincorrere nella ripresa e a dover sperare in qualche fiammata per invertire le sorti del match.
Nell’ultima parte della gara il Napoli passa al 4-3-3 e accentua pregi e difetti. Trova qualche buona combinazione in verticale, sempre con Hamsik al centro dei flussi di gioco, ma lascia spazio al contropiede micidiale dei padroni di casa. Nel finale convulso entra anche Vargas, ma le occasioni migliori se le procura, e le spreca, Maggio. Due angoli in fotocopia che potevano essere finalizzati diversamente premiando lo sforzo profuso. Invece le rimonte le completa solo la concorrenza: l’Inter chiama, la Juve risponde, il Napoli boccheggia. Cercasi Cavani disperatamente per recuperare il -6 dalla vetta.

Fonte: Il Mattino

La Redazione

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