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ESCLUSIVA – L’infermiere: ”Ho scelto Koulibaly, affronta a viso aperto gli avversari come noi affrontiamo il Coronavirus”

"Quando ho visto la condivisione di Koulibaly sui social, mi sono venuti i brividi"

L’infermiere Nicola Bianco ha scelto Koulibaly per darsi forza, il difensore senegalese ha “ripostato” la foto dell’infermiere che indossa con nome e numero di Kalidou in un reparto in cui si curano i pazienti che lottano contro il Covid 19. Ecco le sue parole in esclusiva ad IamNaples.it:

Com’è nata l’iniziativa di scrivere Koulibaly dietro la tua schiena?

”Sono quasi sei anni che lavoro a Milano e da due anni lavoro in un istituto geriatrico, nelle famose RSA che sono messe abbastanza male. L’iniziativa è nata dai miei colleghi, un mio amico sardo ha scelto Nainggolan che con grande sensibilità ha “ripostato” la foto. Un altro mio amico ha pubblicato la foto di Romagnoli, anche lui ha dato visibilità al gesto e allora mi son detto di farlo anche io perché sono un tifoso del Napoli”.

Come mai hai scelto proprio di scrivere il nome di Koulibaly? Come valuti la sua stagione?

”E’ il mio idolo, proprio per la determinazione e la voglia  che ci mette in campo. Mi sono rivisto in lui, anche in questa battaglia contro il Coronavirus. Perché lui combatte a viso aperto con gli attaccanti, come facciamo noi ogni giorno. Come Koulibaly non fa passare gli avversari, noi non facciamo passare il virus. La sua stagione? E’ stata un’annata particole, come per tutta la squadra e fortunatamente con Gattuso ci siamo ripresi. Secondo me Koulibaly ha patito la partenza di Albiol. La cessione dello spagnolo è stata molto sottovaluta, perché era lui che dava i tempi all’intero reparto difensivo anche se Manolas è molto forte”.

Che emozione hai provato quando Koulibaly ha condiviso la tua iniziativa su Instagram?

”Questa mattina la mia ragazza me l’ha detto e ho pensato che fosse uno scherzo. Poi ho visto sui social e mi sono venuti i brividi. Mi ha ringraziato una seconda volta e per la seconda volta mi sono venuti i brividi. Sono contentissimo. Me l’aspettavo da lui, perché è un grande uomo, di cuore prima d’essere un grande calciatore”.

Si sta parlando in questi giorni molto della fase due, ma la situazione attuale nella sanità lombarda qual è?

”Al Sud avvertite di meno il dramma, i familiari dei pazienti sono molto arrabbiati perché dicono che si poteva gestire diversamente la crisi. All’inizio scarseggiavano i dispositivi di protezione individuale, mentre adesso, fortunatamente, siamo riforniti di tutto: sia mascherine, che ora non mancano mai, che tute. C’è stata un po’ di sottovalutazione, nel momento in cui capita una pandemia bisogna prendere tutte le precauzioni e far partire i piani d’emergenza e prevenzione, così si poteva ridurre il numero di vittime”.

I numeri in Lombardia fanno pensare che nella regione italiana, sempre elogiata da tutti per il proprio sistema sanitario, qualcosa sia andato storto. E’andata veramente così?

”Prima che scoppiasse il caso a Codogno, si doveva bloccare l’ingresso ai parenti dei pazienti, invece, è stato fatto solo dopo. Poi bisognava fare i tamponi a tutto il personale che lavora in una struttura ospedaliera, dal dottore al magazziniere.  Ancora adesso non tutti hanno effettuato il tampone. Molti operatori, dopo aver fatto i quindici giorni di quarantena, sono risultati di nuovo positivi al Covid quindi, il personale è incominciato a scarseggiare, così si è fatto fatica a sostituire, con turni massacranti, chi era a casa in quarantena. I pazienti dovevano essere tutelati meglio, e tutti questi ritardi si sarebbero evitati”.

Vista la grandissima affluenza di malati in terapia intensiva, è vero che si è scelto chi intubare o meno?

”Se in cinque strutture di RSA, che sono a pagamento, con la media di  1000 pazienti  a testa, ci sono 500 pazienti che hanno il bisogno d’essere intubati e  le RSA non possono farlo perchè non hanno la terapia intensiva e subintensiva, capisci che la situazione è drammatica. Per questo nelle RSA c’è stata una strage. Un altro errore è stato trasferire i malati dagli ospedali saturi alle RSA pur essendo consapevoli che le Rsa non sono attrezzate per le terapie intensive, così si è intasata una situazione già precaria. La persona anziana viene distrutta dal virus e otto volte su dieci dobbiamo constatare il decesso, mentre il ragazzo giovane spesso è asintomatico”.

Per te è prematuro iniziare la fase due il 4 maggio? Si dovrebbe aspettare ancora?

”C’è molta incertezza su questo virus, e quindi non è facile prendere certe decisioni. Il rischio è che se si riapre tutto senza che ci siano le condizioni, dopo due settimane di fase due bisogna tornare al lockdown determinando danni ancora più grossi. Capisco gli imprenditori, ma se poi dovessimo arrivare al punto di non ritorno che faremmo?”.

Qual è stato il giorno più difficile, quello in cui hai visto l’abisso più cupo e profondo? Come sono organizzati i vostri turni?

”La situazione è veramente dura e brutta. Ci chiamano i parenti in reparto perché i telefoni dei nosti reparti sono l’unico metodo per comunicare con i propri cari. Turni? Sono sempre di sette ore, il problema non sono le ore, ma i giorni consecutivi perché bisogna coprire i colleghi affetti da Coronavirus e in quel caso saltano i riposi e non stacchi mai. I momenti più brutti, ovviamente,  sono i decessi, è angosciante quando ti rendi conto che i pazienti non ce l’hanno fatta. In media, nelle RSA ci sono una quarantina di pazienti, uno dei giorni più tristi è coinciso con la morte di tre persone. Le procedure dopo il decesso sono allucinanti perché il virus rimane nel corpo del paziente deceduto e per evitare che continui a propagarsi bisogna sanificarlo, un’esperienza che a livello umano ti distrugge. Sono credente, mi do forza pensando che io sia uno dei tanti che Dio abbia scelto per combattere questo virus”. 

Vuoi mandare un messaggio ai nostri lettori, vuoi rinnovare l’appello di stare a casa?

”Sicuramente, ci sono ancora molte persone che non credono alla potenza di questo maledetto virus e non stanno rispettando le regole. L’80% delle persone sta seguendo tutte le indicazioni, mentre dico a quel 20% che non ha ancora capito che la situazione è drammatica così come è stata ampiamente raccontata. Perché quando intubi una persona giovane, è ancora più dura. Nessuno si deve sentire indistruttibile, perchè il Coronavirus non fa distinzioni quando colpisce”.

DI WILLIAM SCUOTTO 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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