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Juventus-Napoli si deve giocare, la sconfitta a tavolino è la morte del pallone

Per convivere con il virus servono regole e indirizzi condivisi, il mondo del calcio deve aggiornarli

Partiamo da un presupposto: per le regole vigenti nel mondo del calcio il Napoli poteva giocare a Torino e doveva andarci. Siamo, però, in un momento storico pazzesco e ci sono tante domande a cui il calcio dovrebbe rispondere.

Il focolaio Genoa cambia lo stato dell’arte o facciamo finta che non sia accaduto nulla? C’è la garanzia che il Napoli, senza l’isolamento domiciliare dal sabato al martedì e andando, invece, a Torino per la partita, avrebbe spezzato la catena interna del contagio come poi è avvenuto?

La verità è che nessuno lo sa, siamo in una fase in cui si sceglie il livello di rischio a cui sottoporsi. L’Asl Napoli 1 e Napoli 2 hanno deciso di ridurlo fortemente, se il Napoli avesse disobbedito avrebbe violato la legge. Come si può pensare di dare la sconfitta a tavolino agli azzurri? Sarebbe la morte del pallone, una mazzata pesantissima al sistema calcio.

“Altrimenti sarebbe come dire liberi tutti”, è la risposta. L’obiettivo è andare avanti per completare il campionato senza guardarsi intorno o farlo preservando la credibilità? Il calcio deve rendersi conto nelle condizioni in cui versa. Indebitato, senza una prospettiva di futuro e soprattutto con il calo della passione, per certi versi addebitabile alle trasformazioni della vita sociale dei ragazzi, alla rivisitazione delle priorità imposta dalla pandemia ma per larga parte anche per la perdita di credibilità che ha espresso negli ultimi anni.

È il calcio del gol di Muntari, del fallo di mano di Bernardeschi in Cagliari-Juve, del disastro di Orsato in Inter-Juventus ma anche dei biglietti troppo cari, dell’attacco costante al tifo nei settori popolari, dell’idea completamente fallita che ci si potesse aggrappare allo stadio virtuale per inseguire il profitto accecante dei diritti televisivi. Senza lo stadio reale lo spettacolo in tv si sgonfia.

Senza il pubblico sugli spalti, il calcio è come un piatto di pasta insipido. Meglio di niente, bisogna difenderlo ma non si può mai dire che è saporito, lo ricorderemo ai presidenti paladini del calcio virtuale quando l’incubo Covid-19 sarà terminato.

Credibilità, compattezza, regole flessibili in relazione alla curva epidemiologica. Il calcio, per evitare altri incidenti che potrebbero costare sempre più caro, deve seguire questi tre concetti-chiave. La credibilità passa per il giudice sportivo, sarebbe inquietante non riconoscere la causa di forza maggiore per la mancata trasferta del Napoli.

La compattezza passa per i presidenti che domani si riuniranno in assemblea di Lega ma non affronteranno la priorità del momento: le modifiche al protocollo, le regole, si procede nella presunzione che basti la circolare dello scorso 18 giugno e soprattutto il regolamento approvato in Consiglio di Lega discutendo per ore se fosse opportuno o meno rinviare Genoa-Torino con l’Asl (quindi caro Preziosi, si deve contattare o no) che chiudeva il centro e vietava gli allenamenti visto il focolaio in casa rossoblù. S’aggrappano al protocollo che non è un atto privato essendo stato assorbito da una circolare del Ministero della Salute ma non rappresenta legge superiore e soprattutto contempla la sorveglianza delle Asl e il peso delle autorità locali nella garanzia del diritto alla salute.

Parleranno dei diritti televisivi, c’è all’orizzonte una svolta determinante in tal senso ma non si uscirà allo scoperto sulla tematica più importante: come va avanti questo campionato? Se qualche presidente sogna i play-off come lo stesso De Laurentiis ha anche dichiarato venga allo scoperto, lo dica ora. Il piano di farlo alla fine del girone d’andata perchè non c’è pià il tempo di recuperare le partite è inquietante.

La quarantena ridotta a 10 giorni e un solo tampone negativo per dichiararsi guariti saranno indicazioni valide anche per i calciatori? Sarebbe una piccola buona notizia in un mare così complicato da attraversare.

Serve responsabilità, anche dall’Aic, la bolla fino a fine campionato in Italia è demagogia anche perché l’auspicio concreto è che nel 2021, con il vaccino, la pandemia vada a spegnersi gradualmente. Bisogna ragionare su questa fase adeguandosi poi alla curva epidemiologica: almeno in serie A andare in ritiro, chiudendo così la porta ad altri possibili contagi, magari con dei compromessi da valutare fino a Natale sarebbe una costrizione inaccettabile? Non è bello ricordare sempre gli stipendi milionari ma c’è un’intera generazione che sta facendo sacrifici.

The show must go on, è necessario per tutti ma senza responsabilità, sacrifici e flessibilità a breve non si va lontano. È il momento di resistere per ritrovare in futuro il calcio della gioia e della passione popolare. Il calcio d’inizio è nelle mani del giudice sportivo, eviti di trascinare Juventus-Napoli ad altri gradi di giudizio.

 

Ciro Troise

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