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Reina: “Lo Scudetto perso a Firenze è una ferita ancora aperta, giocavamo un calcio stellare”

 

Reina-Napoli è stato amore a prima vista.

 

“Mi sono inserito subito nella città, che ha accolto me e la mia famiglia con sentimenti travolgenti. Mia moglie e i miei cinque figli verranno a vedere la partita, un pretesto per starsene un po’ in giro in quelli che sono stati i luoghi dei nostri quattro anni ma anche un modo per andare a salutare tutti gli amici. E ne abbiamo tanti, mi creda. A Napoli c’è un popolo che ti conquista”.

 

Benitez l’ha celebrata recentemente in tv: Reina fu il nostro uomo-chiave, il leader; era lui che faceva la differenza.

 

“Con Rafa – al quale va il mio grazie – c’è un rapporto straordinario che si perde nei secoli, mi verrebbe da dire scherzandoci su. Ma il segreto di quel Napoli fu quel capolavoro di mercato, l’allestimento di una squadra che è durata e poi la forza del gruppo. In una società che si era comportata già egregiamente, come sottolineavano i risultati, l’irruzione di Benitez diede nuovo slancio e servì per completare il Progetto ed ampliarlo”.

 

La Coppa Italia, con lei in porta; poi la Supercoppa, a Doha, quando Reina era andato al Bayern.

 

“Il Napoli cominciò ad avere un respiro internazionale. E da quel momento il suo ruolo si è ingigantito, perché ha continuità a livello europeo, fa le Coppe sempre, ora è addirittura protagonista in campionato e in Champions e con un calcio che è spettacolare. Vuol dire che c’è del buono in quello che è stato costruito nel passato”.

 

Lo scudetto è stato vicino due volte: nel 2016 e lo perdeste a Udine, in una domenica in cui lei era influenzato; nel 2018, a Firenze.

 

“Una ferita che è rimasta aperta, perché non puoi non vincere con 91 punti. Ma andò così e il dolore venne acuito dalla considerazione che quel Napoli lì giocava un calcio stellare, capace di spargere allegria. Un po’ come questo di Spalletti, mi pare”.

 

Lascia Napoli, va al Milan e trova un napoletano di Castellammare, un bambino, all’epoca, di 19 anni, già titolare da tre stagioni.

 

“Donnarumma è un predestinato, un riferimento certo – per lustri interi – del calcio. E, se mi consente una ovvietà, anche uno dei più forti al mondo”.

 

Mentre lei parte, a Castel Volturno, guarda un po’, arriva Meret: che intreccio!

 

“Stava per decollare nella sua fase evolutiva e lo fermarono gli infortuni. Si sta riprendendo, e bene. Il Napoli ci vede bene con i giocatori e anche con i portieri”.

 

Quest’anno il Napoli può vincere lo Scudetto?

 

“Neanche a sospettarlo. Il campionato è lungo, adesso si entrerà nel vivo. Poi, se si può dire, servirà anche una botta di….Meno infortuni, condizione sempre esuberante, un episodio che ti gira nel momento giusto, pure un errore arbitrale che possa incidere in un senso o nell’altro”.

 

Ha scelto cosa far fare a Pepe Reina, 41 anni il prossimo 31 agosto, da grande?

 

“L’allenatore. Almeno su questo non ho dubbi”.

 

Ne ha avuti tanti, e tutti di profilo alto-altissimo, ne può indicare uno solo come riferimento.

 

“I miei rapporti con i tecnici sono sempre stati improntati alla lealtà e direi che è stato bello confrontarsi con ognuno di loro. Sono legato a tanti e da chiunque ho ricevuto: da Aragones – che Dio l’abbia in gloria – a Guardiola, da Sarri a Del Bosque, da Benitez a Van Gaal c’è stato modo di avere dialoghi più o meno frequenti. Ma visto che lei mi obbliga a scegliere rigorosamente, le dico che punto su Gattuso: mi è bastato poco al Milan per apprezzarlo e pensare che un giorno, dovesse succedermi, mi porterò qualcosa di Rino in panchina”.

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