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Mazzarri: “Nove volte su dieci vince la squadra con gli ingaggi più alti”

Il simbolo del Napoli 2011-2012, la maschera da leone di Inler, è appesa in uno stand che accoglie il fiume di tifosi che arriva fino in Trentino per vedere la squadra che dai tempi di Maradona sta per tornare in Champions League. Hanno offerto anche mille euro, ma il simbolo non è in vendita e magari finirà in un’asta di beneficenza. Aurelio De Laurentiis, dopo aver investito ben 37 milioni in acquisti, cavalca la tigre, mentre Walter Mazzarri è così carico che sembra che il campionato debba cominciare stasera. Tra i due c’erano state pericolose scintille.
Come si lavora, Mazzarri, con questa pressione addosso?
“Non è un problema, è un’energia positiva. Per me che di pressioni vivo, Napoli è il massimo. Anche se l’anno sarà ovviamente difficilissimo. Spero si consideri quello che abbiamo fatto negli ultimi 2 anni, andando oltre le migliori aspettative. E’ dura essere sempre straordinari, e vorrei anche avvertire che due anni così, l’ultimo col terzo posto e la conquista della Champions, non è proprio obbligatorio rifarli”.
E col presidente come va adesso?
“Bene. Il rafforzamento è stato nei programmi, la rosa è nei parametri stabiliti dal presidente. Lui vuole giustamente che il Napoli cresca. Siamo d’accordo, vorremmo che nel tempo il Napoli si inserisca stabilmente al primo livello dei grandi club: Inter, Milan, Juve, Roma e così via. Ma attenzione, ci vuole tempo, lavoro, investimenti”.
Perché


il Napoli dov’è ora?
“Il Napoli viene dal livello di Fiorentina, Lazio, Udinese e così via. Sono 7 anni che De Laurentiis è presidente del Napoli, ci vuole tempo prima di affiancare club che vincono da 50 anni”.
Comunque De Laurentiis fa anche un po’ da parafulmine, no?
“Forse. Ma io ho una visione rigorosa dei ruoli in un club, lui ha le sue responsabilità da presidente, io quelle tecniche. E un allenatore non lo si giudica solo dai risultati, ma anche sulle cose fatte rispetto ai programmi, alla griglia di partenza e alle potenzialità della squadra”.
Dunque si parte dal terzo posto in su.
“Ecco il classico discorso di tutti: il Napoli è arrivato terzo, ha preso Inler, Dzemaili, Donadel, Santana, Britos e così via, per cui ora deve fare di più. Ma non è il mercato l’unico metro di giudizio, ce ne sono tanti, se voi guardate gli acquisti, e dunque i soldi, allora guardate anche le classifiche degli ingaggi. Nove volte su dieci vince la squadra che ha i giocatori più forti e più riconosciuti. E più pagati”.
E’ un discorso un po’ crudo.
“E’ il concetto di top player nel calcio di oggi. Scusate ma Ibrahimovic guadagna tanto per caso? Sono tutti così scemi da dargli tutti quei soldi? Dove va vince scudetti, e lo posso dire anche per Eto’o, Seedorf e altri. Il top player al grande rendimento personale accosta il grande risultato per il club. Poi ci sono quelli che si credono top player e non lo sono, e di più non dico”.
Cosa fare e cosa non rifare dello scorso anno?
“Potrei dire “rifare” tutto e basta. Ma ovviamente non “rifarei” tutte le sconfitte. Le vivo male e penso sempre che avrei potuto fare qualcosa di diverso. Perdemmo due volte col Chievo, per dire. La gestione con la Coppa fu dura, il ko di San Siro col Milan arrivò dopo aver perso col Villarreal. Giocammo bene in Spagna, ma ci criticarono. Ecco come si ragiona in Italia”.
Ora c’è addirittura la Champions.
“Come tempi si gestisce meglio ma la difficoltà per noi è altissima. Faremo tutto per passare il primo turno. Conto su 22 giocatori in rosa, numericamente siamo ok, ci sarà turn over. L’ideale per un allenatore sono 22 alla pari, per alternarli perfettamente, anche 11 in campionato e 11 in Champions: se non succede è perché il livello non è mai uniforme. Ma questa è teoria”.
E’ stata l’estate di Hamsik, ne risentirà?
“No. Ha grande testa, non è un egoista, sa che il bene del Napoli è il suo. Un po’ di pubblicità se l’è anche meritata”.
La Coppa America vi ha dato o vi ha tolto qualcosa?
“Con Cavani e Gargano, più Lavezzi e Zuniga? Credo tolto. Dopo una stagione così Cavani avrebbe avuto bisogno di riposo. Più che delle condizioni fisiche mi preoccupo di quelle psicologiche, per un attaccante riflesso, freschezza, istinto sono vitali. Puoi star bene fisicamente ma magari aver perso quello”.
Il vostro modulo, 3-4-3 o 3-5-2, è contagioso: ora c’è anche l’Inter.
“Il Napoli è stato studiato su riviste specializzate inglesi, quelli che hanno inventato il football voglio dire. C’erano certi santoni secondo cui esiste solo altro e disprezzavano questa impostazione. C’è voluto tempo per far capire che non è per difendersi meglio, ma anzi per attaccare e giocare di più. La differenza la fanno i movimenti, non gli schemi. Io ho dimostrato nel tempo quello che so fare. Questo mestiere ce l’ho nel sangue, da oltre 30 anni vivo di calcio e da 11 alleno, e su queste cose mi scaldo: gli schemi che non vanno sono quelli con cui si viene giudicati”.
Le novità sono Conte e Gasperini.
“E sono contento perché sono allenatori italiani, se lo meritano. L’esterofilia su certe cose non la condivido”.
Va anche il coach alla moda.
“Le società scelgono e rischiano, responsabilità loro. Io una società non ce l’ho, ma se l’avessi, essendo un maniaco dei particolari, prenderei i curriculum di quelli che mi interessano, li guarderei, li studierei e non mi farei incantare da chiacchiere e mode”.

Fonte: repubblica.it

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