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Mazzarri, serve il Napoli visto contro l’Udinese

La Nazionale, il piede d'opera meridionale ed il centrocampo azzurro: riflessioni libere

Roma, stasera (ore 20,45 anche in TV). Con la sempiterna ossessione: Balotelli.

Gli altri esistono come contorno, non altro. Il calcio propriamente tecnico riflette la sua letteratura impostata su due sole direttive: una più approfondita, varia e opportuna. L’altra costruita sul solo contrasto. Bianco? No, nero! Quasi legittimo, per certi versi, l’inserimento dei non addetti ai lavori. L’ultimo è di Giorgio Bocca. Lo spunto gli è stato offerto da un saggio di Geharard Vinnai, intitolato “Il calcio come ideologia”.

“Il calcio è importante? – chiede Bocca – allora discutiamone”. Non ha tutti i torti. Meno torti abbiamo noi che sollecitiamo appunto la scoperta della mezza Italia rimasta fino ad oggi fuori da ogni discussione. E che, invece, potrebbe riuscire utile per variare i termini di un discorso che sta finendo con lo stancare un po’ tutti, nonostante il crescente successo di folla.

L’ossessione, tanto per tornare all’attualità azzurra, Balotelli. La mancanza evidente di coraggio per evitarla. La tavola rotonda al Corriere della Sera, con un solo personaggio: Balotelli.

E Pazzini non potrebbe imbronciarsi per questo? La dialettica del calcio si articola così. Borriello attaccante di Barra, migliore centravanti italiano del momento, rigettato in panchina, conta, ma relativamente. Cannavaro lo stopper napoletano più in forma del campionato nemmeno degnato di una chiamata. Ci consolano le convocazioni di Nocerino e Criscito.

La nostra bella Italia riesce così a ripetersi negli stessi termini che contraddistinguono il suo notevole squilibrio economico – sociale, anche nel sempre più difficile e importante gioco del calcio. A pochi passa per la testa che l’allargamento della discussione, con tutti i motivi nuovi che potrebbero scaturirne, forse restituirebbe colorito alla sempre più pallida divergenza, legata, per buoni tre quarti, alle sostanziate invenzioni e agli argomenti di Biasin e De Paola, e al no dei suoi avversari giornalistici. La strozzatura mi sembra evidente e minaccia il nostro cosiddetto sport nazionale, come in realtà altre ben complicate strozzature minacciano l’equilibrio sociale italiano. Certo, inutile negarlo, colpa anche nostra, squisitamente meridionale. Della incapacità cioè strutturale e psicologica (per non dire altro) che mostriamo nell’inserirci nella polemica in atto.

Nella Calabria, nella Sicilia, nell’Irpinia vediamo, ad esempio, da anni esplodere atleti di raro coraggio. Capaci di affrontare le difese con ben diverso piglio. L’alternarsi naturale delle classi sociali (proletari – borghesi) vicino agli interessi che suscita il calcio, sta maturando e preparando concezioni certamente diverse da quelle tradizionali e ormai ossessive. La spinta sociale, la necessità, suggeriscono termini nuovi e determinano esigenze più concrete.

Alla mano d’opera locale si aggiunge il piede d’opera locale e non per trito e demagogico campanilismo (come vogliono far credere i più beceri ed incapaci) ma per necessità. Per urgenza di provvedimenti da ricercarsi dappertutto. Ecco allora l’ossessione calcio attenuarsi e favorire dialoghi più utili e seri. Ecco chiarire i termini che propone Giorgio Bocca: “gioco del calcio, affare del calcio, sottogoverno. Ecco così l’Italia allargarsi, completarsi, fondersi. Poi la parabola o l’ascesa spontanea o voluta chiariranno ancor meglio. Dagli spalti caleranno sulle piste i tifosi e diverranno atleti come si richiede? Bene. Non caleranno? Il calcio s’inserirà più obiettivamente, tra la Montedison, l’ENI, la Fiat e via dicendo. Restare all’ossessione Balotelli, o alle ripartenze, non può giovare”. E Bocca allora finisce con l’inserirsi a proposito.

Politica del dialogo, dite? D’accordo. Ma dialogo aperto a tutti quelli capaci di poter intervenire e contribuire, non dialogo tra pochi intimi.

Insistete, e Bocca, non c’è dubbio, prevarrà. Nutrito soltanto così, anche per colpa dei suoi dirigenti, il calcio diverrà ridicolo. Occorre qualcosa altro. Cerchiamolo a sud. Gli spunti ci sono.

Tanto per incominciare (il nostro particulare) chiediamoci se il Napoli potrà effettivamente vincere lo scudetto. Rispondo senza esitazioni: il bandolo della matassa lo possiede, e forse, non lo sa neppure lui, proprio De Laurentiis. Tecnicamente invece la nostra risposta è chiarissima e l’abbiamo fornita fin dall’apertura del campionato, con questo titolo “Un Napoli leale alla pari con Milan e co.”. Poi abbiamo contribuito criticamente alla sua attuale e notevole posizione di classifica. E, affatto sforzandoci, ma unicamente cercando di interpretare il materiale a disposizione di Mazzarri. Sarà stato un caso ma il gol di Maggio con l’Udinese è scaturito da uno schema da noi previsto e tratteggiato tre settimane prima.

Maggio schierato più appostato a completamento del centrocampo. Lavezzi, meno sottoposto a Cavani, svariante sull’ala. Ed ecco la palla per Lavezzi offertagli da un centrocampo meno precario del solito, e il Pocho allargarsi, come si suggeriva e invocava, sull’ala. Giunto sul fondo il cross a centro e da dietro arriva Hamsik, che appunto di rincalzo a Cavani e Lavezzi deve giocare. Viene da dietro, Marek; scatta, salta, incorna, realizza.

Alè vecchio Napoli! Le centurie partenopee sugli spalti si eccitano. Il tifo rotola e riscalda, perfino Lavezzi!

A Mazzarri è andata male con Catania e Bayern ma deve ricordare a se stesso ed alla sua squadra la vittoria con l’Udinese. Mazzarri ha trionfato con l’Udinese come meritano i semplici che restano tali e non vanno a impantanarsi sulle terrazze di qualche circolo nautico. I fiscalisti sono utili, ma non per trasformare un semplice, un proletario in un club – man. Gradiscono la corte……calcistica? Bene. Ma non la guastino, la rispettino. E se vogliono cavarci della facile pubblicità facciano pure. Ora tecnicamente e tatticamente alcune perplessità sussistono. E investono quelli già debitamente segnalati: i tre difensori tre e le loro avanzate a vanvera e Gargano, magnifico difensore se difende.

Gargano è inserito a centro di uno schieramento che esige da lui scrupolo difensivo e non altro: quindi si regoli. Se Hamsik regge, è Gargano l’uomo campionato, non altri come l’anno scorso lo è stato Boateng per il Milan. E tanto per parlare chiaro, non avrei ceduto Denis, se tutto ciò che ho sentito dire su di lui corrisponde a verità. Vedremo ancora meglio sabato con la Lazio, poi il City ed il 29 contro la Juventus. Tratteggiato il profilo tecnico, tattico, ancora da perfezionare, o meglio da disciplinare. Resta De Laurentiis, che rappresenta in realtà la società, fattore da lui stesso indicato come determinante, appunto insieme alla squadra e alla folla, per la conquista di un ipotetico scudetto. Stabilito dunque che la squadra, opportunamente perfezionata c’è, così pure come la folla, tornata calda e oceanica……….., non resta che lui. Punto di congiunzione e di equilibrio dell’intera situazione. Messa a segno la stoccata del rispetto del Consiglio di Lega, De Laurentiis adesso dovrà mostrare di saper governare. Saper governare significa anche saper unire.

Pe n’acino e pepe perse a menesta, si dice a Napoli. L’acino di pepe esiste tuttora.

Migliore dei suoi predecessori, l’ho già detto, De Laurentiis è di certo. Significa molto, significa niente. Significherà tutto la maniera con la quale da oggi procederà per unire un ambiente che purtroppo, anche per colpa sua, unito non è affatto o perlomeno non è sereno come dimostrano i nervosismi post gara (Parma e Udinese) o in alcune conferenze stampa.

Il mistral, consenta glielo dica un pronipote di buoni pescatori napoletani, è una amena puttanata. La vera croce del Sud è a Scampia, sui quartieri, in certe straduzze della Gizzeria, nelle squallide campagne del Foggiano, in riva al mare che lambisce e tormenta la Sicilia.

De Laurentiis si è voluto far eleggere re. Lo sia. Ma dimostri di saper governare. Non solo a chiacchiere.

NANDO TROISE

 

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