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Benitez rilancia: «Ho un progetto, guardo lontano. Dobbiamo tornare a entusiasmare come l’anno scorso»

De Laurentiis arriva in ritiro: «Li ho visti carichi»

Adelante: però guardando ben oltre, al di là di quelle logiche impastate di banalità e di cultura approssimativa, sfidando la normalità con una visione «alta» della vita, del football, d’una Napoli da elevare. «Io conosco un solo modo di far calcio: costruendo intorno ad un progetto. E quando parlo di ciò, mi riferisco a quel che serve per migliorarsi, per arrivare ai risultati e per attrezzare un club che non debba poi restare venticinque anni senza vincere». Adelante: lasciandosi alle spalle la malinconia (passeggera) d’una sconfitta e analizzandosi dentro, tra le pieghe d’un Napoli da trascinare nell’Olimpo: «Penso di aver vinto qualcosa – nella mia carriera – anche con chi aveva mezzi inferiori ad altri. Qui è stato fatto molto prima di me; e moltissimo può essere fatto, con me e anche senza: penso sempre al centro sportivo, a uno stadio, al settore giovanile. Il 2-0 con lo Young Boys non può essere stata la sfida-chiave della stagione, pure perché prima di questo ko eravamo reduci da tre vittorie e da un pareggio al novantaduesimo in casa dell’Inter. Chiaro, vogliamo vincere, vorremmo vincerle tutte, ma qui bisogna che si cambi il modo di valutare i momenti e gli episodi».

Venite, gente. Adelante: e scrutando l’orizzonte, seguendo il sandalo di Benitez, la sua filosofia e la lungimiranza, quella fierezza cattedratica che fa (quasi) di Napoli-Verona un happening e disegna aquiloni tra le nuvole. «Vogliamo sognare e possiamo farlo: siamo in corsa su quattro fronti, certo siamo dispiaciuti per aver perso in Svizzera, e la contestazione amareggia ma è stata contenuta. Io con De Laurentiis parlo sempre, la nostra visione è internazionale: io punto a migilioramenti strutturali, una piscina per il recupero, aggiustamenti nell’albergo che ci ospita, lavoro per la società affinché un domani si possano godere questi benefici. Ma intanto so che dobbiamo battere il Verona, questo lo so bene io e lo sanno i ragazzi».

Rieccoci. Adelante: provando anche a voltarsi, a rileggere il Napoli ch’è stato («quello che voglio torni ad essere, la squadra che entusiasmava in passato»), a rimescolarlo nella testa («per riacquistare il livello di gioco dell’anno scorso»), nella sua espressione («faccio il turn-over per arrivare in fondo: in Spagna si dice nuotare per morire in spiaggia; io voglio arrivare lontano»), per trasmettere all’esterno la piena convinzione di sè e quel’empatia che non può essere sfiorita, svanita, nella nottataccia di Berna: «Ho visitato i luoghi più espressivi di questa città e credo che questa sia la testimonianza del mio attaccamento alla città».

Tre punti. Adelante: andando incontro al Verona (poi all’Atalanta e alla Roma) con la padronanza del proprio calcio, del proprio metodo, della propria natura da «el Cid»: «Ho fiducia nella squadra, anche se mi aspetto di più. Questo non è il momento più difficile della mia carriera. Mi spiace per Berna, noi cerchiamo di esportare una bella immagine ma non ci siamo riusciti. Chiediamo aiuto ai nostri tifosi ed attendo i gol di Higuain e di Hamsik: ci stanno mancando ma arriveranno. Ho parlato un’ora con el pipita, non segna ed è come un leone in gabbia: gli ho detto di trasformare la rabbia in gol. E poi penso che ci siano calciatori che possano dare qualcosa in più, aiutare chi conosce meno il nostro sistema ed il nostro ambiente». Adelante: con De Laurentiis al fianco, nella rassicurante visita «serale» d’una vigilia interminabile e (per certi versi) comunque innaturale chiusa con un tweet: «Ho visto i ragazzi carichi e motivati». Adelante: con Callejon, «quel» Callejon, proiettato in Nazionale, come suggerito da un anno e passa da autentico «fenomeno», com’è giusto che sia: «Secondo me Del Bosque lo chiama». Adelante, señor…
Fonte: Corriere dello Sport

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