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Cavani si scalda per il Torino

Mazzarri si augura di avere ottime notizie sul recupero del "Matador"

Gioca o non gioca? La domanda sorge immediata e da Castelvolturno l’eco arriva sino a Bergamo, prima, durante e dopo una gara ad alto tasso d’umidità: ma El Matador come sta, ora? L’insolito mercoledì pomeriggio si consuma nell’interrogativo che alimenta la preoccupazione, ma massaggi e terapie inducono al bello, ammantato dalla normalissima cautela che in circostanze del genere val la pena di considerare: infiammazione lievissima al flessore, persino «ignorata» dalla risonanza, ma in questi casi vale ciò che trasmette il corpo e le sensazioni raccolte dal calciatore.

PERCENTUALI – Cinquantuno a quarantanove per cento, la soluzione per sfuggire a qualsiasi forma di entusiasmo, il protocollo per restar fedele ad un compromesso: il dolorino pare scomparso, però poi bisognerà insistere, correre in maniera più audace, sforzarsi non solo sul dritto ma anche negli spostamenti. E poi rimettersi al meteo: a Bergamo, freddo e pioggia, il barometro ideale per starsene imbronciati ed accomodato in divano, davanti alla tv; ma domenica, alle tre del pomeriggio, qualche grado in più e pure altri quattro giorni per far regredire ulteriorrmente il malanno e far scomparire il malumore.
LA TESI – Il «caso» si apre e si chiude contemporaneamente, perché quel ch’è successo a Cavani appartiene alla statistica: s’era fermato sabato, alla vigilia della gara con il Chievo, e lunedì sembrava stesse meglio; e martedì mattina, appariva persino sereno. Prima di allenarsi, di scaldare i muscoli, di calciare e di avvertire una «pesantezza» sospetta, la stessa che Donati del Palermo – probabilmente – ha pensato di governare attraverso la partita, durata per lui solo quattro minuti. La paura regna sovrana nella testa di chiunque, Matador compreso, che al termine delle rifinitura si è appartato con Mazzarri, con il dottor De Nicola e con se stesso, riflettendo sull’opportunità di rimettersi in viaggio, di andare incontro ad una partita nella quale l’istinto spinge a crederci su ogni pallone: ma perché? Il Torino, la Dnipro, il Genoa, la Nazionale e poi, via via fino a Natale, una serie di appuntamenti da non perdere: alla fine, la razionalità ha indotto a percorrere la strada meno pericolosa e a scegliere per la rinuncia forzata, a far accomodare Cavani in poltrona e a lasciargli che Atalanta-Napoli resti un appuntamento mancato, uno dei pochi.
Fonte: Corriere dello Sport
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