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Rinnovo

Sepe: «Non vedo l’ora di provare i brividi del San Paolo. La mia parata più bella? Contro il Napoli»

"Volevo rinnovare con il Napoli che era già la mia società. Era il mio primo obiettivo, quello da perseguire sino all’ultimo"

Il 23enne Luigi Sepe, portiere del Napoli in prestito all’Empoli, ha rilasciato una lunga intervista ai colleghi del Corriere dello Sport. Ecco quanto dichiarato:

Sepe, il rinnovo con il Napoli le aprirà le porte del grande calcio. E’ pronto a reggerne le inevitabili pressioni?

«Io voglio mettermi in mostra e misurarmi. Anche Rafael ha avuto la sua opportunità e l’ha saputa sfruttare, poi a volte le cose riescono bene e altre meno. Saranno la società e il tecnico a decidere se meriterò una chance. Il fatto di giocare per il club in cui sono cresciuto e davanti alla mia gente sarà uno stimolo in più. Ma niente è scontato. Farò di tutto per capitalizzare al massimo questa enorme occasione che mi è stata data. Già sapere che il Napoli crede in me è una motivazione fortissima e ringrazio la società».

L’interessamento di Roma e Fiorentina l’hanno gratificata, ma Napoli va oltre.

«Volevo rinnovare con il Napoli che era già la mia società. Era il mio primo obiettivo, quello da perseguire sino all’ultimo. Strade alternative sarebbero state prese in considerazione solo se il Napoli non ci avesse dato garanzie e non avesse mostrato di credere in me. Ma non è stato così. Certo essere cercato da grandi club fa piacere. Due anni fa ero in Lega Pro… ».

Contratto lungo, quattro anni, con una parte dell’ingaggio legata a incentivi economici significativi. Soddisfatto?

«Sono felice dell’intesa raggiunta. Ora tocca a me».

La competizione nonostante la giovane età non le fa paura?

«Assolutamente no. Bisogna lavorare sodo e con umiltà. Qualità che credo di avere. Rafael e Andujar sono già portieri da Napoli, io dovrà dimostrarlo di poterlo essere. Le pressioni non mi spaventano».

Lo scorso anno è stato uno dei migliori portieri della B tanto che l’Empoli l’ha scelta per la A. Come è stato l’impatto con il grande calcio italiano?

«Empoli è stata la scelta giusta, l’ambiente ideale per giocare al calcio e per lavorare serenamente. Sarri è un maestro che ci permette di esprimerci al massimo. Giochiamo ovunque senza mai rinunciare alle nostre idee. C’è un contesto importante che ci gratifica e ci lascia sereni. Sono sicuro che ci salveremo».

L’Empoli non ha cambiato rispetto alla scorsa stagione e ci sono calciatori che ora vengono accostati a grandi club. Dunque il calcio italiano ha ancora risorse da sfruttate e in parte non utilizzate?

«L’Empoli non ha cambiato molto dopo la promozione e ha vinto la sua scommessa. C’era un gruppo di calciatori di qualità che per tante ragioni non avevano mai giocato in A. Uno di questi è Valdifiori, secondo solo a Pirlo e tra i migliori registi del nostro campionato. Merita di far parte anche di formazioni di primo livello e sono sicuro che sarà così. Ma non è il solo compagno nell’Empoli che va tenuto sotto osservazione. Sì, io credo che laddove vengano offerte delle possibilità, noi italiani non siamo inferiori a nessuno. Il problema è andare in campo».

In che modo Sarri vi spiega e vi fa fare cose nuove? E come riesce a prendere il meglio da voi calciatori?

«E’ un perfezionista che ha vissuto tutto del calcio. Cura ogni cosa in maniera maniacale. Sulle rimesse laterali, sugli angoli, sulle palle inattive, sulle rimesse dal fondo è martellante. Chiede a noi portieri di giocare la palla con i piedi. Come mi trovo? Diciamo che me la cavo. Qualche volta sbaglio, ma va bene così. No?».

Il presidente Corsi, commentando le polemiche scaturite dalle dichiarazioni di Lotito, ha detto che lui si sente un po’ figlio di un calcio minore. Voi avete la stessa sensazione in campo?

«Io credo che l’Empoli sia una grande società anche perché nello spogliatoio non filtra niente e giochiamo sempre il nostro calcio ovunque senza remore o timori. Da San Siro a Cesena, il nostro atteggiamento non cambia: niente complessi d’inferiorità».

Lei è nato quando l’era Maradona stava finendo a Napoli. Cosa rappresenta per un giovane oggi un mito come Diego?

«Venendo da Napoli non si può non essere influenzati da Diego. Era immenso, è inarrivabile. Ho visto e rivisto i suoi gol in tv, le sue imprese, le sue prodezze incredibili. Ha vinto tanto. Spero di diventare un vincente anche io con il Napoli. Ma come lui è impossibile».

Il modello di portiere di Sepe qual è?

«Da bambino imitavo Peruzzi. Ma mi piace tanto De Sanctis, non solo per come para ma per come si comporta. Morgan è un grande portiere, un grande professionista e un grande uomo soprattutto».

Il punto forte e quello debole di Sepe?

«Il mio punto forte è da scoprire. Quello debole? Tanti. Ma conoscere i propri limiti è già un elemento di forza. Perché se sai dove non puoi arrivare, ti fermi prima».

La parata più bella fatta quest’anno?

«Contro il Napoli al San Paolo. A Cesena, avrei potuto, invece, fare meglio».

Un altro allenatore a cui deve qualcosa?

«Marco Baroni, certamente. Lui e il Lanciano hanno creduto in me».

Lei viene da un settore giovanile importante come quello del Napoli. Investire sui giovani ripaga?

«Penso di sì. Credo che sia possibile creare una filiera. Ma bisogna avere coraggio. Mi dispiace che dei miei compagni nel vecchio Napoli, come Izzo, per esempio, siano andati via. In quella annata c’era anche Ciano, Maiello, Insigne e tanti altri. Ho visto e vissuto le difficoltà di allora, non avevamo neanche l’acqua per bere o dove allenarci. La società di oggi è, invece, uno spettacolo dove tutto funziona. E’ bello farne parte, c’è pulizia, è uno splendore starci dentro. Spero di aver la possibilità di giocare e fare la mia parte in campo per tanti anni».

Ma il nostro calcio ripartirà solo dando spazio ai giovani?

«Ai giovani bisogna dare più opportunità. Ma il nostro calcio deve crescere tanto, perché alla base di tanti disagi, al di là dei problemi delle strutture che mancano, c’è il fatto che per giocare bisogna fare i salti mortali. L’altro giorno col Chievo in campo c’era Zukanovic e non Biraghi, che pure ha fatto benissimo».

Bisogna avere più coraggio per uscirne?

«Penso di sì. Bisogna evitare che gente come Immobile, Verratti, Santon… vadano via. Se la Germania ha un decennio di strapotere davanti è perché hanno creato i presupposti per una crescita ora evidente ma che non viene dal nulla».

La responsabilità è, insomma, anche dei nostri dirigenti?

«Certamente, sì. Si deve osare di più».

Lei è favorevole alle nuove tecnologie in campo?

«Penso possano aiutare gli arbitri. Ma la moviola secondo me complicherebbe le cose».

Il fatto che il calcio a Napoli sia comunque un’altra cosa, una specie di religione, non la spaventa per le pressioni che genera?

«Assolutamente no, non vedo l’ora di provare i brividi del San Paolo. Se la società lo riterrà opportuno».
Ovviamente.

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