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La Storia ha voluto una data: la lezione del 10 Maggio ‘87 al Napoli di De Laurentiis

"Historia magistra vitae” è la lezione di Cicerone, il Napoli di De Laurentiis deve guardare a quell’impresa per mirare al sogno scudetto

Ci sono vari modi di celebrare la storia, le ricorrenze, i ricordi più belli, quelli che entrano nell’anima e non vanno più via. La memoria può diventare un feticcio, uno strumento d’autocompiacimento per digerire in maniera più brillante l’abitudine a veder festeggiare gli altri, i rivali di sempre che il Napoli di Maradona fece inchinare più volte. Ricordare le vittorie è un “vizio” di coloro che hanno trionfato poco e che sono legati in maniera viscerale ai successi che altrove rappresentano un’abitudine da accogliere con un sorriso pensando già al prossimo obiettivo mentre a Napoli vincere è uno strumento di riscatto, una gioia senza tempo.

Quando il Napoli vinceva il primo scudetto, avevo meno di un anno, non posso purtroppo avere ricordi vivi dell’evento ma ho consultato tanto materiale di quel trionfo, ho avuto la fortuna di parlarne con tanti protagonisti e soprattutto con i tifosi che ricordano quell’annata. La sensazione è di una soddisfazione eterna, interminabile, la prima volta non si scorda mai è l’espressione giusta per descrivere in modo puntuale la centralità del primo scudetto nella vita del tifoso del Napoli.

De Laurentiis è più volte scivolato sul rispetto della storia, realizzando una sorta di cesura tra la sua gestione e il passato e anche stavolta il Napoli, nella cerimonia del trentennale del primo scudetto, non ha brillato in termini di autorevolezza.

Quando i tifosi si sono mossi in maniera autonoma, il club ha annunciato in modo tardivo l’amichevole di luglio, prima della partenza per il ritiro di Dimaro, rinviando così di due mesi la cerimonia per una data molto importante. Il Napoli si è mosso tardi e in modo abbastanza goffo sotto il profilo comunicativo, così come avvenne per il novantesimo compleanno della società, con un’organizzazione degli inviti poco brillante.

Il presidente De Laurentiis ha compiuto un lavoro di grande spessore, riportando il Napoli ai vertici in Italia e stabilmente nelle coppe europee, ma dovrebbe aprirsi ai sentimenti dei tifosi, costruire un legame più brillante con l’anima della passione dei napoletani che alimenta il prodotto da lui confezionato con saggezza.

Historia magistra vitae, avrebbe detto Cicerone, e c’è tanto da imparare dal Napoli che si laureò per la prima volta campione d’Italia. Non vinse la squadra più ricca, il valore assoluto di Diego Armando Maradona spostò gli equilibri economici del calcio italiano, quelli che hanno determinato il dominio di Inter, Milan e Juventus, che insieme hanno vinto quarantasei scudetti sui sessanta assegnati nel dopoguerra. Il peso specifico di Maradona fu enorme ma ridurre tutto a lui sarebbe parziale, ci sono due messaggi che possono fungere da lezione per il Napoli dei giorni nostri nel tentativo di compiere il salto di qualità verso il trionfo. Innanzitutto il pensiero va alla scorsa stagione ed è inevitabile non avere dei rimpianti perché, mentre Ferlaino e Pierpaolo Marino potenziarono nel mercato di riparazione di quel campionato l’organico con Francesco Romano, il Napoli nel gennaio 2016 non è riuscito in quest’obiettivo. Grassi e Regini non hanno inciso su un organico primo in classifica, avendo totalizzato insieme una sola presenza in maglia azzurra.

Ferlaino e i suoi dirigenti seppero approfittare di un’occasione, De Laurentiis non ha sfruttato al massimo la partenza stentata della Juventus nella stagione 2015-16. La lezione più significativa da cogliere per il futuro arriva dall’organico a disposizione di Ottavio Bianchi, composto da nove elementi provenienti dal proprio vivaio, alcuni cresciuti nella Primavera che si laureò campione d’Italia nel 1978-79.

Una delle strade per competere con i più ricchi è potenziare il proprio settore giovanile, renderlo capace di esprimere quanti più talenti è possibile, investendo sulle strutture, alzando il livello degli istruttori, facendo in modo che i ragazzi più interessanti non rinforzino le giovanili di altri club italiani.

Celebrare il 10 Maggio 1987 non sia un vuoto rituale per assecondare i legittimi desideri della tifoseria ma sia un modo per riflettere sulla lezione di quella data, sul fil rouge che può unire chi storicamente è chiamato a rovesciare gli equilibri per vincere. Il primo scudetto non fu solo il mito di Maradona, ma anche il frutto di una programmazione che culminò in fantastiche emozioni.

Ciro Troise

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I Am Naples Testata Giornalistica - aut. Tribunale di Napoli n. 33 del 30/03/2011 Editore: Francesco Cortese - Andrea Bozzo Direttore responsabile: Ciro Troise © 2021 IamNaples
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