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Aquilani e Osvaldo negano alla Danimarca la speranza mondiale. Vendicato il biscotto del 2004

COPENAGHEN – Forse il solo a essere legittimamente contento è Nicklas Bendtner, che alla prima occasione da ex ha mostrato a Buffon addirittura due volte il perché la Juve a un certo punto si era illusa di aver preso un bomber con i controsportelli. A un minuto dalla fine sembrava essere la sua notte, complice una serie di svarioni difensivi nostrani, e, con lui, la notte della Danimarca che, vincendo, poteva continuare a sperare negli spareggi mondiali. Non è andata così: vendicato il biscotto danese contro la Svezia che nel 2004 ci costò l’eliminazione dagli Europei. I danesi sono fuori, Morten Olsen forse resisterà per mancanza di alternative, o forse no. E’ bastata mezza Italia (data la lunga teoria di assenti, variamente motivata), una sua mezza partita, per prendere un punto a testa, grazie a due gol per parte, e per arrivare a Napoli contro l’Armenia per la festa di chiusura qualificazione. Un tempo lo hanno giocato gli azzurri, meglio, un tempo hanno tenuto campo gli azzurri, lasciando a Osvaldo (27′ pt) il guizzo brillante per il vantaggio. Tutti i nostri a guardare il fischietto di Lannoy per guadagnare il primo riposo, dimenticandosi di Bendtner, bravo a svettare su Balzaretti, trovato dal piedino caldo di Khohn-Dehli, e a cambiare l’inerzia del match.

RIBALTONE – Nel secondo tempo infatti c’è stato per grandissimo parte solo occupazione di spazio da parte dei danesi, con due legni colpiti all’attivo (Eriksen e Bjellenad), passati meritatamente in vantaggio con un’azione fotocopia a sinistra Khohn-Dehli-Bendtner, e difesa azzurra colpevolmente bruciata, Balzaretti per ultimo ma in modo analogo all’1-1, dunque senza attenuanti. Prandelli a quel punto ha provato a sistemare la squadra in modo più offensivo, affiancando Gilardino e Cerci a Osvaldo, più Aquilani. Ed è stato proprio del viola, all’ultimo secondo, il tocco decisivo del 2-2.

L’ANALISI – Complessivamente è stata un’Italia appena sufficiente. Il ct, memore delle difficoltà patite a Milano, un anno fa, ha pensato ad assicurarsi la maggior densità possibile in mezzo al campo, preferendo Diamanti a Giaccherini, col bolognese mandato a sostegno di Osvaldo, con Candreva interno alto e un centrocampo affidato al contrasto di Thiago Motta, piantato davanti alla difesa, alla regia dinamica di Montolivo e alla corsa di Marchisio. Ruolo importante avrebbero dovuto avere, con le fasce libere, i due esterni bassi, De Silvestri e Balzaretti. Ma al primo è toccato il migliore dei danesi, Krohn-Dehli e al secondo d’inciampare nella serata perfetta di Bendtner. Da aggiungere che Marchisio è apparso poco lucido e Osvaldo, per lunghi tratti, ha giocato molto tra i due compagni alti, togliendo profondità alla manovra azzurra. Ma anche con questi limiti la Nazionale era passata in vantaggio tutto sommato con merito, grazie a una magia dell’italo-argentino, trovato profondo da Thiago Motta, forse alla sua miglior partita in Nazionale.
Tutta un’altra storia nella ripresa, complice un evidente calo di concentrazione italiano, squadra abbassatasi di trenta metri, con la difesa azzurra presa d’infilata più volte, con Buffon salvato due volte dai pali ma ancora battuto dall’ex compagno bianconero in modo imbarazzante. Nel finale, grazie anche ai cambi, il riscatto parziale azzurro, a dimostrazione della buona reattività che la Nazionale di Prandelli ha imparato a mostrare nei momenti più complicati.
Fonte: Corriere dello Sport

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