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Bruno Giordano: da monello trasteverino a super bomber

L’attaccante, oggi allenatore, giocava per le strade del quartiere

I due vigili urbani che controllavano Trastevere impararono, per primi, a riconoscere in quel ragazzetto di Vicolo del Cinque, il campione che sarà. Bruno Giordano, scolaro impertinente della stessa scuola elementare, la Giuditta Tavani Arquati frequentata tanti anni prima da Giulio Andreotti, Alberto Sordi, Claudio Villa, era il leader della squadretta che ogni pomeriggio si ritrovava alle spalle di Santa Maria in Trastevere in attesa dell’avversario di turno. Partite interminabili, piccole zuffe e tanti gol, ma proprio tanti, uno diverso dall’altro e già campionario del talento in erba nato il 13 agosto del 1956, capelli castani, occhi verdi, divoratore di piattoni di bucatini all’amatriciana della cucina di mammà. I vigili osservavano da lontano le prodezze di Bruno e, quando proprio dovevano intervenire per tentare il sequestro del pallone, si annunziavano, sicchè i piccoli calciatori trasteverini potevano scappare in tempo, portandosi il pallone… Don Francesco Pizzi, parroco del quartiere, fu il primo presidente a convocarlo per offrirgli una maglia da titolare nell’Orion e fu qui che Temistocle Forti, anche trasteverino, pezzo forte della Primavera della Lazio, lo vide più volte e decise di portarlo al cospetto del sor Umberto Lenzini, presidentissimo della società biancoceleste: Presidè, ’sto ragazzino è un fenomeno, non fatevolo sfuggire.
Bruno aveva tredici anni. La Lazio fu generosa con il parroco-presidente: una serie di magliette e qualche pallone usato, dovette andar meglio a Forti. Nella Lazio rimarrà per altri quindici e a 18 anni era già titolare, fan di Giorgio Chinaglia del quale erediterà il testimone.
Cannoniere scelto, più volte nelle Nazionali, coetaneo di Paolo Rossi – con Pablito e altri illustri pedatori condivise le conseguenze disastrose del Totonero, pagando con due anni di squalifica – i gol li creava con il tocco brasiliano che i napoletani più fortunati presto apprezzarono, non soltanto nell’inimitabile campionato dello scudetto. Alla corte di re Diego ci stava proprio bene, anzi benissimo, confermando con prestazioni su prestazioni la scelta felice di Italo Allodi che aveva affidato a Bianchi un organico super dopo aver ingaggiato, oltre all’ex ragazzetto di Trastevere, Pecci, Renica, Garella, Filardi, Buriani.
Una sorta di anteprima dello scudetto quel terzo posto a sei punti dalla Juventus campione. Il tricolore arriverà nella stagione successiva e Giordano, più mezz’ala che centravanti, come si fa a dimenticarlo? E Garella, Bruscolotti, Ferrara, Bagni, Ferrario, Renica, Romano, De Napoli, Carnevale? E il re dove lo mettiamo? E Careca? Arriverà anche e presto la stagione dello scudetto perduto, quella del finale da operetta, ivi compresa la presunta congiura dei quattro (e Giordano era tra i quattro con Garella, Bagni e Ferrario), la convocazione a palazzo con tanto di avviso ai tifosi, nella speranza di una fustigazione pubblica nella piazza dei Martiri d’altro spessore. Una pagina nerissima, molto scritta dalla società dove, purtroppo, non c’era da tempo Allodi e che Dio lo abbia in gloria. Altri due anni a Ascoli, inframmezzati da una stagione al Bologna, prima di smettere per cominciare a percorrere la strada dell’allenatore.

Fonte: Il Mattino

La Redazione

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