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Calciopoli: condanna di Moggi, decisive le schede svizzere

Calciopoli: non c’è prova di risultati combinati ma bastano le conversazioni telefoniche

Basta l’uso delle schede svizzere e la trama delle parole intercettate per condannare Luciano Moggi come «capo» della Calciopoli nazionale. Basta la rete di contatti con arbitri, designatori, dirigenti societari in prossimità di alcune partute, per dimostrare l’ipotesi di frode sportiva, anche se poi non c’è conferma di una «reale alterazione del risultato finale del campionato di calcio 2004-2005». Eccole le motivazioni che hanno spinto la nona sezione del Tribunale di Napoli (presidente Teresa Casoria, a latere Maria Pia Gualtieri e Francesca Pandolfi) a firmare la condanna di Moggi e degli altri protagonisti del più importante scandalo dello sport nazionale.
In 558 pagine la storia di un’inchiesta terremoto, anche se non mancano stoccate nei confronti della stessa Procura: sia per «l’abnorme» quantità di telefonate intercettate (agli atti ne vengono depositate 170mila), sia per il loro uso legato «alle congetture iniziali» che hanno via via orientato le indagini; ma anche per la mancata dimostrazione di sorteggi truccati nel corso del dibattimento. Chiara l’analisi della nona penale: la frode sportiva è un «reato di tentativo», un reato «a consumazione anticipata», che può essere sanzionato anche se poi non viene confermata la realizzazione della combine. Sufficienti dunque le «parole pronunciate nelle conversazioni intercettate nel cumulo con il contatto telefonico ammantato di clandestinità rappresentato dall’uso vicendevole delle schede straniere». C’è spazio anche per l’analisi di un punto controverso, le telefonate depositate dalla difesa di Luciano Moggi, su cui il Tribunale è categorico: «La difesa è stata se non in diritto, almeno in fatto, molto ostacolata nel suo compito dall’abnorme numero di telefonate intercettate, oltre 171.000, e dal metodo adoperato per il loro uso, indissolubilmente legato ad un modo di avvio e di sviluppo delle indagini per congettura, emerso al dibattimento». Sulle telefonate indicate dalla difesa, il Tribunale è chiaro: non cambiano la storia di Calciopoli e confermano la tendenza «a conquistare il rapporto amichevole, in funzione di suggerimento con designatore e arbitri». Non c’è condivisione invece con i pm sulla presunta alterazione dei sorteggi arbitrali: «Che il sorteggio non sia stato truccato – si legge – è emerso in modo chiaro al dibattimento. Incomprensibilmente il pm si è ostinato a domandare ai testi di sfere che si aprivano, di sfere scolorite e di altri particolari della condizione delle sfere, se il meccanismo per la partecipazione ad esso di giornalisti e notaio era tale da porre i due designatori Bergamo e Pairetto nell’impossibilità di realizzare la frode».
Restano i contatti tra Moggi i designatori fuori dalle sedi istituzionali, sempre in prossimità delle partite, quel «continuo e prolungato chiacchierare… che effettivamente può configurare la trasmissione del messaggio potenzialmente idoneo a spingere i designatori, e talora anche gli arbitri, a muoversi in determinale direzioni piuttosto che in altre». Schemi tipici dell’associazione per delinquere, con il presunto capo Moggi a fare da perno di continue triangolazioni. Emblematico, agli occhi del Tribunale, il tempestoso dopopartita di Reggina-Juventus con i momenti di tensione tra Moggi e l’arbitro Paparesta: pur essendo falso quanto Moggi andava dicendo in giro (di aver chiuso l’arbitro negli spogliatoi), non c’è traccia nel referto arbitrale dello sfogo dell’ex dg della Juventus. C’è spazio anche per il «rapporto disinibito con i rappresentanti della Figc», tanto da spingere i giudici a citare la telefonata con l’ex presidente Franco Carraro da cui emerge «l’alto livello dell’invadenza nelle soluzioni tecniche», in riferimento alla Nazionale e sulle scelte dell’allora ct Marcello Lippi.

Fonte: Il Mattino

La Redazione

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