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Cds – Zoff: oggi 50 anni dal suo debutto a Firenze

Dino Zoff, ci vogliamo pro­vare? Sono passati 50 an­ni dal suo debutto in serie A. Quei cinque fischioni…

«Per me fu una cosa tragica (sorride). In effetti quella era una grande Fiorentina men­tre noi finimmo ultimi e re­trocedemmo ».

Non per colpa sua. Franco Dinelli era il titolare del­l’Udinese.

«Vero, dopo quella sconfitta io rigiocai solo le ultime tre partite. Vincemmo a Paler­mo (3-1), a Torino con la Ju­ve (3-2) e pareggiammo col Bologna (1-1). Feci bene, davvero.

Cosa spinse Bonizzoni a lan­ciarla, lei che non aveva 20 anni?

«Ero bravo. E quelli bravi al­lora potevano anche brucia­re le tappe. Capitò a Vieri, ad Albertosi, anche loro debut­tanti diciannovenni. Boniz­zoni era deciso a puntare su di me. Ma non avevo fretta. Sapevo quello che volevo e cosa avrei fatto. Perché la mia è stata una specie di vo­cazione. Non sono stato mes­so tra i pali perché ero scar­so a giocare in campo. Lì, a Mariano del Friuli, anche i ragazzi più grandi volevano Zoff tra i pali».

E il piccolo Dino sognava di diventare chi?

«Non c’erano tv o immagini che potevano suggestionare. Bastava però un nome: Ja­scin. Ero affascinato dalle sue imprese».

Lei e il Ragno Nero, i più grandi. Chi aggiungiamo nel pantheon dei grandi ex?

«Banks, Maier, Schmeichel ma anche Albertosi, Cudici­ni »

Certo, ai ritmi di quel calcio, viene da pensare che…

«Che cosa? Credete davvero che il pallone corresse più lentamente? Quello che si è ristretto è il campo, con fuo­rigioco e difesa alta, ma la porta era larga allora come adesso».

Non per Dino Zoff. Difficile trovare un portiere con il senso della posizione come il suo.

«La mia forza è stata un’al­tra. Autocritica feroce, sem­pre, mai seduto, voglia di mi­gliorare costante. E allora non c’erano preparatori dei portieri. Ma è vero: “senti­vo” la porta. Ero tecnica­mente e fisicamente dotato. Eppoi ho un vanto: ho gioca­to 11 anni nella Juve partita dopo partita, senza mai pro­blemi mentali, senza cali di tensione, anche se non ero al meglio. Non mi sono mai preoccupato. Io c’ero sem­pre! Questo mi dà ancora og­gi una sensazione di profon­do orgoglio».

Lei è senza dubbio l’esempio massimo della celebre scuo­la italiana, che pare attra­versi adesso una crisi pro­fonda. Siamo invasi da por­tieri stranieri.

«Il mondo è davvero cambia­to se penso che perfino il Brasile ora ha una produzio­ne di livello mondiale. Ma penso che il nostro non sia un problema tecnico».

Qual è il motivo allora? Da noi ogni tanto parte una po­lemica sui nuovi palloni, sempre meno gestibili, con traiettorie strambe.

«Certo, forse quello è un aspetto. Ma penso che ci sia paura del ruolo nei nostri giovani, paura delle respon­sabilità che comporta, del ri­schio di sbagliare e di esse­re giudicato severamente. Meglio rinunciare alla por­ta, allora. Oppure, vedo por­tieri sempre impegnati a re­spingere, magari con parate del cavolo e raramente a cercare la presa. Un segno di disimpegno anche quel­lo ».

Siamo sempre nelle mani di Buffon. Ci dica: meglio lei o Gigi?

«Da giovane lui è stato il più forte di tutti, in questi ultimi 50 anni. Mai visto uno così all’esordio, per personalità e qualità. Alla lunga però il vecchio Zoff…(sorride). Co­munque la situazione per i portieri italiani è positiva: Si­rigu, Viaviano, Mirante tra i giovani, De Sanctis, Abbiati vengono da una grande sta­gione. Hanno tutto per ripe­tersi ».

Certo Abbiati contro l’Udi­nese…

«Sono errori che capitano. Ma dopo è stato bravo in un paio di occasioni. E’ lì che si giudica un buon portiere, dalla capacità di non perder­si ».

Ammetterà che ora al por­tiere si chiede molto di più. Intanto deve saper giocare anche con i piedi.

«Perché, noi no? Io avevo un destro preciso. Tanto che Pa­rola, in un momento di diffi­coltà della Juve, aveva deci­so anche che avrei dovuto calciare i rigori».

Il gol, magari dal dischetto, le è mancato?

«Mai fregato niente. Sempre pensato a evitare quelli degli altri».

Soprattutto quelli di…

«Di Paolino Pulici. Lui in ca­sa si trasformava. In trasfer­ta meno… Ma io lo dovevo in­contrare due volte a stagio­ne, nel derby. Devo dire che di gol me ne ha fatti diver­si…».

Se lo immagina un derby vostro, nel nuovo stadio?

«Ero all’inaugurazione. Bello, se le cose vanno be­ne…».

La sua Parata? Non c’è dub­bio: Brasile-Italia 2-3, su Le­andro…

«Su Oscar, su Oscar. Ancora oggi la gente che incontro si ricorda. Era difficile, quan­do hai davanti tutta quella gente, può succedere di tut­to, ci può essere una devia­zione. Invece lì abbiamo vin­to il Mondiale».

Zoff, le ha fatto più male chiudere la carriera piegato dal gol di Magath ad Atene o scegliere di dimettersi da ct, dopo le accuse di Berlusconi per la finale persa a Euro 2000 con la Francia?

«Atene! La Coppa dei Cam­pioni sfumata con una squa­dra formidabile, tutti cam­pioni del mondo, più Boniek e Platini. Era l’addio alla car­riera. E mi hanno accusato di essere cieco» E’ la macchia della sua sto­ria incredibile: il suo tallone d’Achille.

«In Argentina, nel ‘78, forse, contro l’Olanda, potevo esse­re un po’ più sveglio sul tiro di Haan, che comunque si “allargò” in modo strano, tanto che andai dietro, die­tro, dietro, inutilmente. Ma­gath invece no. Quello è sta­to un diagonale sporco, dal limite. Mentre Berlusco­ni… ».

Berlusconi?

«Quella è una vicenda tutta personale. Ci tenevo più a quella partita…Invece si ado­perarono termini inaccetta­bili. Si parlò di indegnità. Per un friulano sono questioni senza una via di mezzo».

C’è un friulano, nella “sua”Lazio, che a Roma la sta mettendo giù dura: Reja.

«Sono storie diverse. Credo che lì pesino i quattro derby persi. La squadra è buona, ha le potenzialità per fare meglio della passata stagio­ne. Certe tensioni fanno par­te del nostro mondo. Vinca con la Roma e passerà tutto in cavalleria».

Lei invece, nel 2005, è im­provvisamente passato di moda, proprio a Firenze, do­ve tutto era iniziato 50 anni fa.

«Ma io sono una della vec­chia guardia. Schillaci, Si­gnori magari non la pensa­vano così… Ora se non parli coi numeretti tattici non sei nessuno».

La Redazione

P.S.

Fonte: Corriere dello Sport

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