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Ciao Mario. La tua morte tra dolore e rabbia

La difficoltà maggiore per chi scrive, è restare lucidi nel raccontare gli avvenimenti. Perdonatemi se stavolta non riesco a controllare le emozioni.

Le immagini parlavano da sole. Scorrevano assordanti nel silenzio dello stadio: si cercava di capire, si provava a strappare commenti confortanti. Piermario Morosini disteso a terra che arrancava, rantolava; provava  a rialzarsi ma il cuore cedeva lentamente. Dal 15:30 fino alle 17:00 la sua storia ha tenuto col fiato sospeso l’Italia intera. Daniele Delli Carri, DS del Pescara che esce in lacrime dall’ospedale Sano Spirito e comunica ad alcuni colleghi che il ragazzo non ce l’ha fatta, ha ucciso tutti una seconda volta. L’ufficialità sarebbe arrivata pochi istanti dopo. Il sentore che fosse grave si è avvertito subito: il compagno di squadra, Pasquale Schiattarella, è vicino nel momento in cui stramazza al suolo. Grida, urla, raccoglie su di sé le attenzioni del direttore di gara. I medici di entrambe le società si scaraventano in campo e raggiungono il calciatore disteso con la faccia al suolo. In campo scende il silenzio di chi assiste inerme allo scorrere degli eventi; sugli spalti ci si stringe idealmente intorno a questo ragazzo ed il pensiero va a chi gli sarebbe voluto esser vicino negli ultimi attimi di vita. Era orfano Piermario. E solo se ne è andato. Nel pieno delle forze e della vita, dopo aver calcato i campi di Atalanta eVicenza, era giunto a Livorno per rilanciarsi: una carriera trascorsa da militante in serie B che si è interrotta sul più bello. Capelli lunghi e barba incolta; fare scanzonato del classico livornese. Ricorderemo così Piermario: ulteriori parole risulterebbero banali, vuote e terribilmente sole…  Echeggierebbero tra gli spalti di qualsiasi stadio; rimbalzerebbero tra le pareti di qualsiasi cuore. Un solo sentimento prevale su tutti. La rabbia. La rabbia che si prova a riscontrare che ci si unisce solo in momenti simili, abbandonando qualsiasi campanilismo. La rabbia che si prova ad ascoltare fonti che parlano di un’autovettura della polizia municipale, parcheggiata davanti l’autoambulanza che ha ritardato l’ingresso della stessa sul terreno di gioco. La rabbia che si prova a vivere un calcio che oscilla tra milioni di euro e strutture sportive ataviche. La rabbia di dover addio ingiustamente a chi aveva fatto della propria passione il mestiere di una vita; a chi tra enormi sacrifici aveva cercato di rialzarsi e ripartire. L’ha tradito il cuore, che fermandosi, non è voluto ripartire.

Ciao Mario, il mondo sportivo è con te.

Francesco Gambardella

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