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Contro i rossoneri Pandev e Inler in panchina

Lavezzi e Dzemaili in campo dal primo minuto

Signori, si cambia: è la dura legge del turn-over, è l’esigenza d’una rotazione che consenta di risistemare qualche trauma, di scontare un turno di qualifica, si rifiatare, è l’essenza del Napoli stesso – ventinove partite sino a questo momento giocate, un febbraio da far impallidire con Milan, Siena, Chievo, Fiorentina, Chelsea e Inter da affrontare in venti giorni e campionato, Champions e finale di Coppa Italia che danzano all’orizzonte – è la strategia dell’usa e poi getta (per una domenica) che Mazzarri ha fatto sua.

 

MAI LA STESSA – Ventinove Napoli tutti nuovi di zecca, uno dietro l’altro: è il calcio del Terzo Millennio che spinge ad organizzarsi, che richiede interventi anche strutturali oppure anche marginali; è la massiccia campagna invernale, che consuma, stritola i muscoli, comprime il cervello. Si cambia, per andare incontro al Milan un corazziere in più nel bel mezzo della difesa – riecco Cannavaro, che con il Cesena era acciaccato – con idee nuove – Dzemaili in cabina di regia – o per tentare di prendere il diavolo per la coda, grazie agli scatti imperiosi di Zuniga, la freccia multiuso che stavolta va a sinistra, oppure per sfiancarlo con quel diavolo di Lavezzi, fermatosi per somma di gialli e desideroso di catturare la Scala del calcio.

 

TURN OVER SEMPRE – E’ un anno da vivere con il bilancino del farmacista sul comodino, oppure con il timer sotto braccio, e pure con il medico al fianco: si va in campo alle 15 di oggi e giovedì sera a Siena, poi lunedì prossimo al San Paolo con il Chievo e poi al venerdì a Firenze, prima del gran finale di febbraio tra Chelsea e Inter, in quel concerto stellare che invita alla prudenza. Mazzarri rimescola il Napoli, un’abituale tendenza utilizzata nell’anno passato con l’Europa League, un obbligo irrinunciabile quest’anno, con l’asticella che s’è alzata a livelli insospettabili e che richiede energia rinnovata. Dal Cesena (10 settembre) al Cesena (1 febbraio), ventinove formazioni diverse, talvolta modificate in dosi massicce (a Verona, contro il Chievo, sette innesti inediti e lo spostamento di Aronica centrale), oppure rinvigorite da piccoli accorgimenti.

 

ZOCCOLO DURO – La base rimane immutabile, come recitano le statistiche, fedeli narratrici di ciò ch’è stato: i titiolarissimi di Mazzarri sono, e quasi si potrebbe recitarli a memoria come si usava un tempo con le formazioni, De Sanctis (21 volte titolare su21 e mai un secondo fuori); Campagnaro (18 da titolare), Cannavaro (17) e Aronica (17); Maggio (16) Gargano (15), Inler (16) e Dossena (16); Lavezzi (14 ma per colpa di un infortunio), Hamsik (15 e però ventuno presenze complessive) e Cavani (17). E’ lo zoccolo duro, sul quale poi agire: Zuniga è il cambio per eccellenza, a destra o a sinistra, l’alternativa di Maggio (poche volte) o di Dossena (molto di più, soprattutto in Champions, con quattro su sei dall’inizio); Dzemaili è l’alter ego di Inler e però anche di Gargano e Pandev, che ha avuto problemi d’ambientamento e un incidente, ora è divenuto il quarto tenore.

 

TENDENZA WALTER – La scelta di campo, di inizio stagione, è in chiaramente una strategia, ribadita poi a livello internazionale – neanche lì mai la stessa formazione – e in coppa Italia – pure lui due formazioni diverse su due. A San Siro, è maquillage rispetto al Cesena: c’è Cannavaro, Dzemaili sfila dalla trequarti (iniziale) con il Cesena in mediana, Pandev va a prender fiato in panchina e concede il palcoscenico a Lavezzi. E’ la vita, è la dura vita del Napoli…
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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