Sette anni, due mesi, tredici giorni fa. Dal Cittadella al Villarreal. Dall’onta del fallimento ai bilanci sodi e trasparenti. Dal calvario della serie C, al tappeto rosso della Champions. Il Napoli si guarda alle spalle ma non è vero che non si riconosce. Perché se è vero che il suo ingresso tra le sedici migliori del calcio d’Europa è da botti di felicità, da storia da rilegare, è vero pure che la straordinarietà del momento è la sintesi orgogliosa d’un lavoro dalla vista lunga. Per partecipare alla serie C fu approntata la squadra in quattro giorni, con il pampa Sosa ariete d’attaccoSorpresa dunque? Può darsi, ma non certo un caso, il Napoli che strapazza il Villarreal e costringe il City a dargli strada.
LA SERIE C – Partono da lontano, infatti, i cortei e gli strombazzamenti dell’ultima notte azzurra. Partono da quel 26 settembre del 2004, quando il Napoli per storie di Tribunale aveva addirittura un altro nome. Napoli Soccer, si chiamava. E per la sua prima volta dopo il crac s’affidava a Belardi e Ignoffo, a Scarlato e Savino, a Toledo e Montervino, a Gatti e Corrent, a Mora e Berrettoni e a Pampa Sosa. Una squadra rimediata in quattro giorni e rifatta poi a gennaio, quando diventarono azzurri anche Grava, Fontana e bomber Calaiò.
Napoli “ospite d’onore” in quel girone d’inferno in cui tutti avevano un solo sadico, sportivo desiderio: trasformare quella sua “disgrazia” in mortificazione. La sconfitta in casa contro il Chieti il punto più basso di quella stagione cominciata male e finita peggio. Perché il Napoli, passato quasi subito da Ventura a Reja, perse i play-off e fu condannato a un altro anno di dura penitenza. Il secondo e ultimo, però. Perché da quell’esperienza nera il Napoli ricavò la forza, il coraggio, la lucidità di ricominciare e non sbagliare più. Fine agosto del 2005. Sul campo dell’Acireale, con due gol di Calaiò, comincia la grande cavalcata azzurra. In panchina c’è Reja e in campo Grava. L’unico sopravvissuto di quel primo Napoli. L’immagine, il simbolo della voglia azzurra di tornare quello di quindici-vent’anni prima. La promessa, l’impegno lo prese ovviamente De Laurentiis. Lui “firmò” il contratto con i napoletani. “Cinque anni e torneremo in Europa” , disse. E il Napoli non fece scherzi. Alla fine, fu primo e fu promosso in B.
TRA I CADETTI – E che serie B! C’era il Napoli, ma pure la Juve degradata. E poi il Genoa ed il Bologna. E’ il Napoli di Cannavaro e Domizzi, di Bogliacino e Dalla Bona e ancora e sempre di Sosa e Calaiò questo che patisce, sì, l’ingombrante presenza della Juve (pari al San Paolo e sconfitta a Torino), ma che si piazza secondo e non fallisce il gran ritorno in A.
IL RITORNO IN A – Un nuovo corso che nasce con due felicissime intuizioni di mercato di Pierpaolo Marino. Comincia, infatti, la storia azzurra di Lavezzi e Hamsik. Due affari e due talenti. Paga e paga bene la linea giovane che disegna il club. Ottavo, dodicesimo, sesto. Ma sesto non più con Donadoni, il quale con sette punti in sette gare butta al vento la fortuna d’essere l’erede di Reja e lascia il posto a Mazzarri, antico pallino di De Laurentiis. Ebbene, il Napoli cambia da così a così. Ritrova anima e corpo, successi e punti, gioco e alla fine anche l’Europa. Addirittura in anticipo rispetto a quel “contratto con i napoletani”. Ma la scalata non si ferma qui.
UNA GRANDE – Storia recente. De Laurentiis ingaggia Cavani e il Napoli vola come e più di prima. El Matador, il Pocho e il signorino Hamsik. E Maggio, De Sanctis, Cannavaro. E anche Gargano, Aronica, Campagnaro. Va come un treno, il Napoli, e alla fine è terzo. Terzo! Che vuol dire Champions diretta. Senza neppure il fastidio dei preliminari. Il resto è felicità di questi giorni. Un’Europa che sembrava un’utopia e che invece è fantastica realtà. Anche se ora urge un altro patto con i napoletani. Stavolta un nuovo patto per il campionato.
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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