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ESCLUSIVA- Milanese (ds Varese): “Che gioia quel gol contro il Verona al 90′”

Alla vigilia della partita tra Napoli e Inter, la redazione di Iamnaples.it ha contattato telefonicamente Mauro Milanese, attualmente DS del Varese ed ex di entrambe le squadre. Milanese ha vestito, fra le tante, le maglie di Perugia, Parma e Salernitana.

Iniziamo subito, chi vince domenica sera?

“Per le condizioni psicofisiche è favorito il Napoli, che tra l’altro gioca in casa. Può sfruttare l’onda positiva che ha giocato in coppa. L’Inter ci ha giocato addirittura il giorno dopo; il Napoli, consolidato, sta crescendo costantemente. Lavezzi incanta e segna, Cavani realizza tantissimo. È il solito Napoli che sorprende sempre, ma che non sorprende più perché ormai è una realtà consolidata; è l’Inter che dovrà avere una reazione d’orgoglio dimostrando di saper fare cose buone”.

Mauro ma lei come si spiega questo calo così brusco dell’Inter?

“Mancanza di equilibrio, sicuramente, magari non si difende tutti insieme, si corre tutti appresso al pallone. Qualche volta hanno avuto sfortuna, perché la sfortuna subentra sempre quando non vanno bene le cose. A livello fisico non mi sembra che ci sia mai stato un gap evidente con l’altra squadra. L’Inter si è compattata bene, è venuta bene fuori da situazioni brutte con quelle 7 partite vinte. Con il successo nel derby sembrava andasse tutto bene, e poi dopo si mette un rilassamento psicologico, un po’ questa mancanza di equilibrio e di fortuna, perché col Novara hanno avuto molte occasioni e col Marsiglia hanno subito un gol al 90esimo”.

Situazione opposta per il Napoli di Mazzarri…

“Che ha grande entusiasmo, che continua a sorprendere: si pensava che dovesse uscire già al primo turno e invece, con grande entusiasmo, anche per tutta l’Italia, sta andando avanti. Napoli concentrato anche sul campo europeo. Non è ancora al top per vincere lo scudetto, ma è pericoloso in campo italiano ed è grintoso quando sente la musichetta della Champions”.

Lei ha vestito la maglia del Napoli e dell’Inter in anni diversi, ma in situazioni fortunate: col Napoli è arrivato in finale di Coppa Italia e con l’Inter ha vinto la Coppa Uefa nel 1999; facendo un parallelo con il Napoli del 1996, quanto è importante avere una società stabile alle spalle per condurre buoni risultati?

“Si sa che quando il presidente resta, ha capacità economiche, gli addetti ai lavori hanno fiuto per i colpi di mercato spendendo il giusto, c’è un bell’ambiente ed è importante. Un programma che è partito dal 2004, con Pierpaolo Marino, sta continuando bene: la strada è sempre quella del miglioramento. La società da forza e compattezza, e sicurezza nel progetto. I giocatori sono contenti di andare a Napoli perché sentono il profumo di scudetto, ormai, e di Champions, quindi sono felici di indossare la maglia. C’è il pubblico che è ciliegina sulla torta. Oggi ci sono le condizioni ideali per fare bene. Il Napoli del ‘96 ha fatto bene, ma il Napoli di adesso è diverso. All’epoca c’erano dei budget ristretti, e non potevamo permetterci grandi giocatori. Era un Napoli in fase calante e non c’erano le prospettive di grandi investimenti, oggi la società pensa al futuro e prende i giocatori giovani per farli crescere”.

Comunque, è un Napoli che può vendicare la finale col Vicenza?

“Quella era una finale che potevamo vincere: avevamo avuto un calo di forma nelle ultime partite, nelle ultime settimane è stato allontanato Simoni, ed era una cosa abbastanza evitabile e poi, se ricordo bene, Caccia dette una gomitata alla spalla o al petto di un giocatore (Iannuzzi, ndr) e lui si portò le mani al volto: Caccia fu espulso, e dai primi 10 minuti abbiamo giocato in dieci uomini tutta la partita. Ciò nonostante siamo andati ai supplementari col risultato pari, e poi negli ultimi minuti una punizione deviata (di Maini, ndr) ci condannò nei minuti finali. Ci siamo dispiaciuti molto: buttammo fuori la Lazio di Zeman che aveva Rambaudi, Casiraghi e Signori e rifilava tanti palloni a tutti. Buttammo fuori l’Inter per poi arrivare in finale col Vicenza: sia la squadra che la tifoseria credeva in una possibile vittoria finale. Il dispiacere è stato questo, in una squadra che magari non aveva le risorse tecniche di adesso, ma che comunque si faceva piacere, correva, era aggressiva, dava tutto sul campo: comunque il tifoso apprezzava il campionato che facemmo”.

Il Vicenza, compagine che affronterete sabato prossimo?

“Sì, il Vicenza, la vecchia squadra del nostro tecnico Maran. Siamo contenti: il Varese può dar fastidio a dei colossi importanti. Siamo nei playoff. Abbiamo 6 punti dalla settima”.

Varese che si sta comportando bene anche con i giovani: cosa ci dice di De Luca e Kurtic?

“Kurtic è un ragazzo classe ‘89, di sicura prospettiva per la Serie A. Sa trattare bene la palla. Con noi ha iniziato ad usare il fisico, e lui è 1,89, quindi sa usare la qualità alla quantità che è necessaria in un centrocampo a due. C’è De Luca che è sempre convocato nella Under 20 di Di Biagio. Si sta mettendo in buona luce. C’è Pucino che è un ‘91, terzino destro, di Caserta, che abbiamo preso l’anno scorso dall’Alessandria. Anche lui presente costantemente in nazionali di categoria ed è destinato a grossi palcoscenici. E poi c’è Damonte, del ‘90, che ha avuto difficoltà iniziali ma poi s’è tolto la soddisfazione di espugnare Marassi al 90esimo segnando contro la Sampdoria, da genoano. Ci spaventano la Reggina, il Brescia, la Sampdoria  ed il Bari che sono piazze che di solito la vincono la Serie B e sono più consolidate di noi. Adesso abbiamo un bel vantaggio. Stiamo facendo meglio di quello che si credeva. Abbiamo venduto tutti i giocatori migliori, sostituendo per 7 / 11 la rosa titolare. Sannino e Sogliano sono andati via. Ci si aspettava qualche difficoltà in più, e invece siamo potenzialmente nei playoff in questa fase della stagione”.

Mauro, prima di salutarla, io ricordo che lei ha avuto l’opportunità di vestire la maglia del Napoli in serie C: era vero, o erano solo rumors di mercato?

“Ci poteva essere un ritorno al Napoli, mi ricordo. Ci ho fatto un pensiero, avevo fatto cenno a Marino di questo mio ritorno, di questa possibilità, ma subito dopo ci fu la richiesta del calcio inglese che è quel che mancava nella mia carriera, avevo già 33 anni. Avendo già vestito la maglia del Napoli e avendo già giocato con sette squadre in serie A, l’avventura del calcio inglese era quel che mancava: lì potevo giocare un calcio che a me piaceva da piccolo, imparare l’inglese, andai a vivere a Londra, è stata a quell’età la scelta di vita che volevo fare. Ho giocato due campionati col QPR, ed è stata una bella esperienza. In C potevo dare una mano, nonostante avevo una certa età. Almeno un anno a Napoli lo consiglio sempre a qualsiasi giocatore anche a chi ha vestito le maglie prestigiose di Inter, Juve o Milan, è una piazza particolare. Quando faccio un’intervista approfitto sempre per dirlo. Finché non si vive la città, gli allenamenti e l’attesa, l’emozione non la si può capire, ed è bello provarle queste cose. Quando finiscono le carriere contano i ricordi: Napoli non è una piazza qualsiasi! Ho avuto la gioia di segnare il gol di Napoli – Verona e lì ho assaggiato un pizzico dell’affetto napoletano! Ho sentito un boato dello stadio in una partita così sentita. Seppur lo volessi, non potrei mai dimenticarlo perché, le garantisco, ogni settimana incontro un napoletano che mi dice “Ma si ricorda quel Napoli – Verona?”. Già era una partita sentitissima di suo, poi avevo segnato con un tiro da fuori, al 90esimo. Ho sentito la canzone che ho sentito in Champions, Oi vita Oi vita mia: sono saltati tutti i miei compagni dalla panchina, con i giubbottoni, e sono corsi tutti ad abbracciarmi. Io non ci ho capito niente: io ero a terra con tantissime persone su di me: è stata una gioia immensa, come se fosse una finale vinta, non è stata una semplice partita! Un boato incredibile, sentii ‘a bomba ‘e Maradona! Sembrava che lo stadio venisse giù! Poi dopo quel gol avevo giocato al massimo perché c’era lo slancio che ti dava l’affetto e la fiducia dei tifosi”.

Però quella squadra non era male…

“Era una squadra sbarazzina, qualche sorpresa la facevamo. Concentrata, cattiva, che dava il massimo. Poi c’era Simoni in panchina, fantastico allenatore e di eccezionale buon senso. Ho tantissimi ricordi, e tanti amici che mi vengono a trovare anche ora”.

 Mi farebbe piacere approfondire tutti questi ricordi: sono bellissime parole le sue e si aspetti un’altra telefonata!

“D’accordo: quando servo, mi chiami pure!”

A cura di Michele Bellame

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