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Il ‘Dietro le quinte’ del Napoli: lo staff medico racconta il proprio lavoro

"Cavani è stato il miglior atleta che abbia mai visitato. Insigne e Ghoulam meritano una menzione speciale; atleti dotati di una resistenza incredibile ed impressionante"

A chi domanda se è possibile parlare di calcio in modo differente, rispondo di si. Basta essere nel posto giusto con le persone giuste. Focalizzare il centro della discussione su quanto spesso viene considerato ovvio, oltre ad essere istruttivo permette anche di comprendere alcune dinamiche che rischierebbero di passare inosservate. Al Clubino, nel cuore del Vomero, un salottino per pochi intimi: colleghi, tifosi ed amici, anzi, ‘Ultràmici’, letteralmente rapiti dalle parole di un pilastro della nuova Ssc Napoli, il dott. Alfonso De Nicola. Una seconda avventura in azzurro cominciata in azzurro nel 2005: società giovane, medici giovani ma con la voglia di far bene e crescere. “Quel che ci ha aiutato è stata la collaborazione con le università napoletane: questa città ha delle ottime eccellenze e da alcune di queste provengono i nostri collaboratori sanitari”. Lo staff sanitario in Italia è concepito diversamente dall’estero. In Premier League come nella Liga, non esistono medici sociali ma i calciatori hanno delle particolari assicurazioni ed ognuno sceglie il proprio medico. “Anche al Napoli ogni calciatore può scegliere il proprio medico di fiducia, alcuni parlano con me altri preferiscono Canonico o D’Andrea; Gargano ha un feeling particolare col dott. D’Andrea”. Prosegue il dott. De Nicola, anzi, ‘il Doc’ come viene simpaticamente chiamato. Con Benitez, al momento del suo arrivo a Napoli, il feeling non è stato immediato, “All’inizio era un po restio ma l’abbiamo convinto a provare e si è trovato bene, così come ci siamo trovati bene noi. Non è una persona che fa tanti complimenti ma ci dimostra la propria stima ogni volta che se ne presenta l’occasione, è un grandissimo passo avanti.” Le parole chiavi che possono meglio sintetizzare il pensiero del professore, sono due: avanguardia e prevenzione. La prima, consente agli atleti ma in primis alle società, di poter disporre dei migliori macchinari e centri di recupero; garantendo la salvaguardia del patrimonio umano nel tempo. La seconda, è tutta a vantaggio degli atleti: intervenire quanto prima, accorcia i tempi di recupero (Lorenzo Insigne docet) e scongiura qualsiasi imprevisto di natura salutare, “controlliamo due volte l’anno i ragazzi mentre in altre società lo fanno una volta sola e nemmeno. Dopo averli visitati, se occorre, oltre la prova da sforzo programmiamo anche degli ecocardiogrammi.” Fisioterapia, chirurgia e psicologia collaborano più di quanto molti pensino: la Mirror Therapy è un affascinante scoperta medica, che permette il recupero di un calciatore oltre che sul piano fisico, anche su quello emotivo. Assaporare il campo e guardare i compagni giocare: immagazzinare dati e ricordi di movimenti inutilizzati per lungo tempo. Psicoterapeuti? No, ma psicologi si, “No, ogni calciatore decide di parlare con me o con altri dottori in privato, nelle giovanili invece abbiamo uno psicologo che aiuta i ragazzini”. Negli anni sono diminuiti gli infortuni muscolari, specifiche tabelle stabiliscono quando un calciatore debba fermarsi: Benitez appunta tutto, “Appunta quanto corre un calciatore, quanti movimenti angolari compie”, si lavora col pallone e si potenziano alcuni movimenti ma il dottore è pronto ad intervenire apportando le ‘dovute correzioni agli arti meno utilizzati’. Sorge spontanea la domanda su quali siano o siano stati i migliori atleti azzurri: “Cavani su tutti ma Insigne e Ghoulam meritano una menzione speciale; atleti dotati di una resistenza incredibile ed impressionante”. Parliamo di ragazzi giovani, tra i 23 ed i 28 anni, nel pieno delle forze e con una serietà fuori dal comune: “Controlliamo masse grasse, magre, forniamo loro delle tabelle e delle diete personali”.
Un block notes pieno di appunti per una ‘conferenza stampa’ diversa: non ci sono portatili, non c’è alcuna diretta da coprire, le news possono essere ponderate con le dovute cautele. Un clima rilassato che permette allo stesso Doc di evidenziare un punto importante: “Anche noi abbiamo sbagliato in passato, potevamo e dovevamo intervenire e non lo facemmo, ovviando in modo diverso. Questo errore ci servì per curare poi gli infortuni di Gargano, Bogliacino, e Britos”. Un mea culpa singolare. Quasi dovuto. Una confessione da parte di chi ha rifiutato piazze importanti per sposare la causa azzurra diventando nel tempo, una pietra miliare della società.
Un’intervista surreale. Piacevole. Le domande sono poche ed a parlare è quasi sempre lui. Qualcuno gli chiede come Benitez scelga i titolari, “Un allenatore scrupoloso che difficilmente sbaglia. A Napoli è arrivato con tanta voglia di far bene ed ogni propria scelta tattica è frutto di mille pensieri: studia gli avversari, i movimenti ed i correttivi da apportare”. Il Clubino s’appresta a chiudere. La serata scivola via. Dolcemente. Senza stress, “La libertà che concede Benitez è importante e permette ai ragazzi di lavorare serenamente. Quattro giorni di riposo mentale tengono lontano lo stress e aiuta loro a vivere meglio.”
Quattro giorni di relax, il rompete le righe per ricaricarsi.
Le partite non si giocano solo sul terreno verde, vero Doc?

Francesco Gambardella

 

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