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Lorenzo Insigne, Zeman e altri napoletani rendono omaggio all’ultrà del Pescara ucciso

Ucciso al posto del fratello gemello: è questa l’ipotesi che si fa avanti per la morte di Domenico Rigante, 24 anni, ultrà del Pescara ucciso ieri sera con un colpo di pistola dopo l’irruzione in un’abitazione eseguita da sei nomadi, che cercavano il fratello Antonio, riuscito a fuggire.
Secondo la polizia ad uccidere il giovane è stato Massimo Ciarelli, 29 anni: a fare il suo nome agli agenti è stato lo stesso Rigante poco prima di morire in ospedale.
L’agguato è l’epilogo di una lite avvenuta la notte di lunedì scorso a Pescara vecchia, quando Ciarelli ed altri rom si sono scontrati con alcuni ultrà pescaresi, fra i quali i fratelli Rigante: in quella circostanza Ciarelli avrebbe minacciato Antonio Rigante, dicendo di volergliela far pagare cara.
La caccia al killer prosegue non solo presso le abitazioni dei parenti in città, ma anche altrove. Nel 2005 Ciarelli era stato arrestato per avere partecipato ad una sparatoria tra due famiglie di rom per una bambina contesa: in quella circostanza si era rifugiato da alcuni parenti a Fossacesia (Chieti). È stata poi posta sotto sequestro anche una Fiat 500 che sarebbe stata usata dall’omicida e dai suoi complici: l’auto è stata trovata in via Caduti per Servizio 27 dove negli ultimi mesi sono accaduti numerosi episodi delinquenziali, sfociati anche in minacce al presidente dell’Associazione «Insieme per Fontanelle», Nello Raspa.
L’autovettura sequestrata è di proprietà della famiglia Ciarelli, entrata nell’inchiesta per l’omicidio del maresciallo dei carabinieri Marino Di Resta, avvenuto nel 1996.
Il delitto ha scosso la città e creato grande fermento nell’ambiente della tifoseria organizzata di cui lo stesso Rigante, nonostante la giovane età, era personaggio di spicco. Tra la mattinata e il primo pomeriggio di ieri diversi giocatori del Pescara e lo stesso allenatore Zdenek Zeman si sono recati all’obitorio dell’ospedale civile dove si trova la salma di Domenico Rigante. Assieme al presidente Daniele Sebastiani sono stati in obitorio Marco Verratti, Lorenzo Insigne, Riccardo Maniero, Ciro Immobile e Antonio Bocchetti. Nel corso della giornata, inoltre è stato in constante aumento l’afflusso di tifosi all’obitorio dove si trovano anche alcuni uomini della Digos della Questura di Pescara. Sempre nel primo pomeriggio, per evitare problemi, una troupe televisiva nazionale è stata fatta allontanare vista la presenza delle centinaia di tifosi biancazzurri. Secondo alcune indiscrezioni, questa mattina verrà effettuata l’autopsia. Se verrà concesso il nullaosta per la restituzione della salma da parte del magistrato, Salvatore Campochiaro, i funerali del ventiquattrenne tifoso biancazzurro si terranno venerdì pomeriggio nella chiesa parrocchiale di Villaggio Alcyone.
Grande tensione si respira anche nella zona del porto considerando che la famiglia Rigante, originaria di Bisceglie (Bt), è molto conosciuta perché proprietaria di un peschereccio. Non a caso tra le forze dell’ordine è scattato uno stato di allerta: in Questura confermano che sono in arrivo rinforzi dalle Marche per organizzare meglio il controllo del territorio.
Non mancano, da più parti, le polemiche sulla sicurezza in città e sull’attività illecita compiuta da famiglie di nomadi.
Secondo il Centro per i Diritti del Cittadino (Codici) «la criminalità ha innalzato il livello dello scontro contro coloro che considera avversari e ci dimostra che non ha più limiti, se vuole ammazza con estrema facilità».
Concordi sull’escalation di violenza il presidente del Consiglio regionale, Nazario Pagano, e il segretario provinciale di Pescara de La Destra, Alessandro Baldati. Mentre Pagano auspica «un intervento concreto delle forze dell’ordine e misure severe contro gli autori dell’orrendo gesto», Baldati invoca anche un intervento deciso del Comune per l’integrazione delle etnie rom; tra le linee guida proposte ci sono «il rispetto delle regole, la rieducazione ad un senso civico che attualmente manca, una vita improntata al lavoro e alla non violenza e l’educazione corretta dei figli».
Il presidente nazionale della Fondazione Romanì e dell’associazione abruzzese Ciliclò, Nazareno Guarnieri, pur sottolineando che «il responsabile di questo episodio va preso e messo in carcere, così come ogni criminale», ribadisce che «la comunità rom non è delinquente: semmai le responsabilità sono del Comune e delle istituzioni, in quanto mancano opportunità che consentano di evitare l’emarginazione e l’esclusione sociale».

Fonte: Il Mattino

La Redazione

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