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Mazzarri apre un caso

Il tecnico azzurro vuole regalare alla piazza una grande stagione e la gara di sabato lo ha un po' logorato

Un indizio resta semplicemente un indizio: ma la prova è in quella volontà di restare aggrappato a se stesso, a ciò che – per ora – monta dentro, alla fatica psicologica che s’avverte e che, come una morsa alla tempia o anche alle viscere, ha inchiodato Mazzarri ad un manifesto pubblico sventolato a taccuini aperti e poi ribadito a microfoni spalancati: « A fine anno potrei fermarmi ».
Le nuvole di fumo nelle quali convergono le riflessioni sono figlie di uno stress che s’accumula in maniera singolare, nella vita attraversata pericolosamente immergendosi totalmente nella propria panchina, nei riflessi che emergono, nei doveri che investono: e ora che le attese sono cresciute, è la somma di dodici stagioni ad altissima tensione che fa il totale e spinge ad una meditazione ad oltranza.

SENSAZIONI – Il futuro è un’incognita e il caso va ritenuto ufficialmente aperto: però la stagione rimane lunghissima e gli scenari vanno ritenuti modificabili, perché dietro a quella faccia consumata, quasi scavata, restano pure le controindicazioni sostenute da una prevedibile crisi d’astinenza che quell’adrenalinico di Mazzarri finirà per intrufolare nelle proprie divagazioni solitarie.
RIPOSO – Finisce la madre di tutte le partite e cominciano invece le interpretazioni sulla terza confessione di Walter Mazzarri, che sta smaltendo Juventus-Napoli, ingrossata d’ulteriori tossine e dunque impregnata di scorie freschissime. « A fine stagione potrei prendermi un anno sabbatico» . L’idea espressa che riemerge prepotentemente e che allarma. E però lascia interrogare: ma perché? Il triennio napoletano è intriso di attese, di evoluzioni costose sotto il profilo nervoso: un’escalation che ha appesantito, che s’è andato a mischiare con le fatiche di Reggio Calabria, con l’abitudine di calarsi completamente nel ruolo, una full immersion opprimente. E però, anche una tentazione da ritenere ancora vaga, l’eredità momentanea e la reazione passeggera d’un allenatore che, come soluzione immediata, s’accontenta di prendersi una domenica di riposo, di rinunciare all’allenamento (facoltativo), di rifugiarsi con pochi amici a pranzo e di scaricarsi in campagna lontano dai riflettori. Si ripartirà al lunedì, con i foglietti sotto braccio e il timer in mano: missione Dnipro per cominciare, prima di concedersi al Chievo.
PERCHE’ SI’ – L’anno che verrà è ancora lontanissimo, e prima di scegliere cosa fare da grande, Walter Mazzarri si concederà qualsiasi emozione, inseguirà il sogno dello scudetto e continuerà a dare consistenza al progetto, terrà aperto il proprio laboratorio e poi, nei momenti vuoti, considererà l’ipotesi di farsi dodici mesi da studente, in giro per l’Europa, per approfondire le proprie conoscenze, per arricchire il bagaglio calcistico-culturale, per scoprire la Spagna (innanzitutto) e poi caso mai anche l’Inghilterra, i due mondi che maggiormente lo intrigano.
PERCHE’ NO – Ma il Mazzarri «pensionato» è un’immagine pure assai improbabile e comunque distante dalle esigenze d’un uomo che ha bisogno di scariche per auto alimentarsi: e un tecnico che s’è costruito attraverso la cura dei particolari, interessandosi di qualsiasi apparente dettaglio, non può resistere per dodici mesi nel cono d’ombra della propria privacy, lontano dalle motivazioni che gli fornisce il campo, la seduta quotidiana, la ricerca della perfezione ed anche l’umanissima aspirazione di chi partendo da Acireale s’è ritrovato adesso accomodato sul cratere d’una panchina.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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