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Messi, ancora un sogno: «Giocare al San Paolo»

L’asso del Barcellona «È il campo dove ha giocato Diego, il più grande»

A 24 anni ha vinto tutto. Anche le emozioni. Lionel Messi, detto la Pulce per i suoi centosessantanove centimetri, è un campione anche d’equilibrio, basta leggere le sue interviste: mai polemiche, mai parole ad effetto. Quel soprannome fa sorridere davanti alla grandezza del fuoriclasse del Barça a cui mancava, dopo le Champions e i Palloni d’oro, un record. Lo ha firmato mercoledì, prima cinquina in una partita del più prestigioso torneo d’Europa. La cinquina, la manita: Messi l’ha fatta al Bayer Leverkusen dopo aver mandato giù un’aspirina. «L’ho presa perché avevo mal di testa prima della partita», ha spiegato ai cronisti con quella sua voce bassa. Lui non è come Maradona, che alzava il tono quand’era sul piedistallo come quand’era nella polvere perché doveva sentirsi il più grande. Sempre.
Messi è diventato professionista quando è arrivato da bambino al Barça. Lo hanno istruito benissimo. Lionel sprigiona in campo l’infinito talento, fuori è un ragazzo come tanti. Gioca alla playstation e ama i leccalecca. Ascolta musica sudamericana. Pochi flirt, quasi mai scoperti. Un ricchissimo conto in banca e una clausola di rescissione che sfiora i 250 milioni. D’altra parte, neanche immagina un futuro lontano dal Barça. La sua anima è catalana e lo dicono anche in Argentina, dove Messi non è sempre guardato con affetto e devozione. Quando gli va male nella Seleccion, lo accusano: pensa ai blaugrana. Ieri il ct Sabella ha subito reso omaggio a Lionel: «Dovremo inventare un aggettivo nuovo per lui, non ci sono espressioni per definirne la classe. Questo è il regno di Messi, lui è ineguagliabile».
Rosell, il presidente del Barça, ha esaltato la stella delle stelle: «Messi è il miglior giocatore della storia e non se ne vedrà un altro come lui. È un calciatore stratosferico». E Guardiola, il suo allenatore: «Messi è una leggenda ed è un onore per me allenarlo. Mai vista una persona così appassionata». Si è riaperto il dibattito su Diego e Lionel, più bravo Maradona o Messi? Incomparabili, perché vissuti in epoche differenti. Se la cavavano così anche negli anni ’80 quando il paragone era tra il capitano argentino del Napoli e Pelè. È stato Diego, allenatore di Lionel nella Seleccion dall’amichevole in Scozia del 2008 all’ultimo infausto match dei Mondiali in Sudafrica perso contro la Germania, a togliere tutti dall’imbarazzo. Con un omaggio su Twitter: «A Messi non avrebbero dovuto regalare il pallone dopo la partita contro il Bayer Leverkusen, ma il Camp Nou». In quello stadio ha giocato anche Maradona, due anni, dall’82 all’84, fino alla cessione al Napoli: più fischi che applausi.
Grande candidato per la Champions 2012, il Barcellona presto conoscerà l’avversario nei quarti. Messi vorrebbe sfidare il Napoli dell’amico Lavezzi. Si sentono spesso, frequenti sms e conversazioni su Twitter. Arrivano dalla stessa zona d’Argentina, la provincia di Rosario. «I rosarini sono ragazzi seri e orgogliosi», raccontano gli amici della Pulce e del Pocho, impegnati anche nel campo sociale, il primo come ambasciatore dell’Unicef e l’altro come promotore di Ansur. Potrebbero essere avversari in Champions, se il Napoli riuscisse a superare l’ostacolo Chelsea. Messi ha vinto tutto e realizzato tutti i suoi sogni. O quasi. «Mi piacerebbe giocare una partita al San Paolo», è il sogno che ha confidato a Lavezzi, Campagnaro e Fernandez, i tre compagni della Seleccion. Sono stati insieme pochi giorni fa a Berna per l’amichevole con la Svizzera di Inler e Dzemaili, anche quella una notte illuminata da Messi: tripletta. Il San Paolo è stato il tempio di Maradona e al 10 del Barça piacerebbe esibirsi qui, dove per sette anni sono state ammirate le magie del 10 del Napoli. «Il più grande è stato Diego, non c’è dubbio». L’omaggio della Manita alla Mano de Dios.

Fonte: Il Mattino

La Redazione

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