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Napoli in crisi. Ecco i perchè della crisi

Attacco e difesa in difficoltà

Però restano i ricordi e il senso (per nulla) lieve dei rimpianti: e la memoria, canaglia, induce pure un po’ a sorridere. L’anatomia di una crisetta (?) è un viaggio nel passato più prossimo d’un Napoli di guerrieri, gl’irriducibili eroi che ribaltano il Chelsea da 0-1 a 3-1, i leoni dell’Etihad Stadium che pigliano a sberle l’emozione della prima notte tra le stelle della Champions: e quel che resta d’un semestre indimenticabile – a proposito: 3-1 pure al Milan, al San Paolo, dopo esser stato sotto; e 3-0 in casa dell’Inter – è la consapevolezza che ormai l’album rischia di ridursi ad una pallottola di carta da lanciare nel cestino. Londra, 14 marzo 2012, lì s’annida lo spartiacque d’una stagione perfidamente bella e dunque pure diabolica, il confine labile tra l’estasi e il tormento: ma ora che Stamford Bridge è divenuta una sorta di targa della malinconia, nell’oscurità dell’eclissi partenopea è possibile scorgere una fiammella agitata nel dopopartita con l’Atalanta dall’alito d’un Mazzarri ferito, (ab)battuto e però intellettualmente ineccepibile. « Sono il primo a fischiarmi da solo quando le cose vanno male e dunque lo avrei fatto anche io».  Il numero imperfetto d’un malessere (probabilmente) latente è esposto dalla «triade» Juventus, Lazio e Atalanta che, impietosamente, ha messo a nudo talune debolezze strutturali, ha acuito il peso delle fatiche stagionali, ha dilatato le proporzioni del pessimismo ed ha spinto ad intrufolarsi in se stessi, per leggersi correttamente e dar continuità ad un progetto che non può essere demolito tout court in duecentosettanta (o trecentosessanta, fate voi) minuti: però, i numeri non mentono (quasi) mai e rimettendo ordine nel turn over ch’è stato e nelle statistiche che s’aggiornano di sconfitta in sconfitta, s’intuiscono i perché d’un regresso, di una involuzione repentina e però a tutto campo. Quell’universo senza mezze misure ch’è spesso il calcio – o fenomeni o bidoni, o la storia da riscrivere o il fallimento più assoluto – in realtà sa essere pure assai equilibrato e gli otto anni di De Laurentiis ne rappresentano la testimonianza: e sotto la lente d’ingrandimento, di queste tre, quattro o cinque giornate di Napoli, c’è un filo azzurro da seguire per ritrovar la luce.

Fonte: Corriere dello Sport

La Redazione

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