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Pandev ha due obiettivi. Il campionato e il rinnovo del contratto

Per la permanenza in maglia azzurra bisogna discuterne con l'Inter

Un graffio alla Lazio, come voleva con tutto se stesso. Ma anche per Goran Pandev le luci di una festa appena cominciata si sono spente progressivamente, sino al buio pesto. Con quell’uno-due nel secondo tempo da parte di una Lazio determinata, a cui peraltro tutto è girato nel verso giusto. Due minuti prima del rigore di Ledesma (81′), ineluttabile sigillante al match dell’Olimpico, il macedone aveva lasciato il posto a Vargas con la spia dell’adrenalina ormai sul rosso fisso e l’amaro sapore di una sconfitta ormai inevitabile.

Due stati d’animo perciò opposti nel giro di 47 minuti, a partire dal gol del pareggio: quello di un Pandev proteso a toccare il cielo con un dito (anzi con l’ombrello . . .) per poi a sedersi in panca con gli occhi della disillusione di chi ha perso un treno unico. Perché la gioia del gol alla squadra che lo aveva messo ai margini, e dalla quale era riuscito ad affrancarsi solo a seguito di una tribolata azione legale, era oro colato, ma poca cosa rispetto ad una sconfitta pesante del Napoli in ottica Champions.

IL TARLO – Otto minuti fra il magico tacco del Pocho seguito dal graffio di Goran, settimo sigillo stagionale al quale mai avrebbe rinunciato, ed il possibile raddoppio. Solo otto minuti dopo, al 42′, Cana gli è franato addosso cancellandolo di fatto dall’area di rigore. Un rigore inequivocabile che avrebbe potuto cambiare le sorti del match e mantenere al diapason lo stato d’animo del 28enne di Strumica. Otto minuti per passare dalle stelle dell’Olimpico a quella rabbia che deve aver covato per tutto il secondo tempo. Sarebbe stato lui l’eroe del sabato santo in senso assoluto. E vuoi che questo non si sia trasformato in tarlo? In occasione per maledire la malasorte e battere i pugni sul muro, per una rivalsa personale sfumata a metà, ma soprattutto per il tonfo di una squadra alla cui maglia ha più volte ribadito un attaccamento sempre più profondo. Lavorando a tutto regime e facendosi trovare sempre pronto.
IL RUSH – Ma di certo non dovrebbe finire qui. E Goran il Macedone lo sa bene. Ora il contagocce potrebbe essersi trasformato in una clessidra ben più scorrevole. Lo sa lui ma lo sa anche Mazzarri: gli spezzoni sin qui disputati potrebbero ora diventare partite intere, col contaminuti a girare sempre più spedito. Ora che lo stato di emergenza non riguarda più la sola difesa, ma si è esteso anche ad un attacco in ambascia nel periodo (5 gol nelle ultime 4 partite ma a fronte di 10 subiti) coinvolgendo naturalmente anche il centrocampo. Ora probabilmente toccherà più a lui che ad altri, perché adesso bisogna fare i conti con un finale di campionato ed un epilogo di Coppa Italia, dove servirà tanto sprint. E tra infortunati eccellenti (vedi Maggio), squalificati (Cannavaro, Britos e Zuniga) e polveri bagnate, vuoi che non possa uscire un posto per lui dal primo minuto? 1612 minuti in questa stagione nelle tre competizioni per un totale di 36 apparizioni, di cui sette volte full-time in campionato, e solo spezzoni sia in Champions che in Tim Cup. Ma di sicuro, in questo momento, Pandev è fra i più pronti allo scoppiettante rush finale.
ORIZZONTI – L’Inter lo ha prestato al Napoli e il Napoli che farà? Certo, è presto per dirlo, ma di sicuro le due parti ne parleranno. Soprattutto se al timone degli azzurri dovesse restare Mazzarri. Dal tecnico continue parole di stima per l’operato di un attaccante da sempre di suo gradimento. Inoltre il valore del giocatore più “medagliato” del Napoli (non va dimenticato che ha vinto per tre volte la Coppa Italia, assieme a campionato, Champions, Supercoppa e Campionato del mondo per club) di certo non è in flessione, anzi. Pandev è pronto quindi a lasciarsi alle spalle l’indigesta parentesi Lazio e puntare ad una Champions non del tutto sparita dal mirino. Con più voglia di prima. E poi verrà di nuovo quell’Olimpico dal quale vanta un credito ancora consistente.
Fonte: Corriere dello Sport
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