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Sacchi: «Capisco Walter, io dissi basta quando lo stress prevalse sulle vittorie»

«Mazzarri, un perfezionista se lavori con cuore e orgoglio 15 ore al giorno diventa dura»

Lo stress da panchina. L’allarme lanciato da Mazzarri nel dopo partita contro la Juve non è una novità per gli allenatori. Il primo a vivere questa situazione fu Arrigo Sacchi, l’allenatore che portò il Milan sul tetto del mondo e l’Italia al secondo posto ai mondiali del ’94 negli Stati Uniti.
«Capisco perfettamente le parole di Walter avendo vissuto anch’io questa esperienza. Lo stress si manifesta in tanti modi quando dai tutto te stesso con orgoglio ed impegno in un calcio difficile come quello italiano dove è predominante solo l’importanza del risultato da raggiungere attraverso ogni mezzo».
Lei perchè disse basta?
«Il campanello d’allarme cominciò a suonare quando allenavo il Milan, i giorni in cui andavo a Milanello e non provavo più le stesse emozioni, le stesse sensazioni positive, quando il quotidiano cominciava e pesarmi e non lo vivevo più con gioia».
Che si sente di dire a Mazzarri?
«Nulla perchè non so bene Walter come vive questa situazione. Lo conobbi quando allenavo la Primavera della Fiorentina e lui era un giocatore nel giro della prima squadra, era un bravo ragazzo e aveva buone qualità. E ora lo seguo da allenatore: anche a Napoli sta facendo un lavoro straordinario».
Vede analogie tra la sua situazione e quella del tecnico azzurro?
«Io ero un perfezionista e vivevo con grandissima partecipazione emotiva il mio lavoro, ci pensavo anche per quindici ore al giorno e non staccavo mai la spina. E soprattutto ho vissuto così il mio lavoro fin dal primo giorno, partii dalla penultima categoria e quando vinsi il mio primo campionato nei dilettanti provai le stesse emozioni forti di quando ho vinto la Champions. Non dipendeva dalle categorie oppure dai soldi che guadagnavo. Si vede a distanza che Mazzarri è un grandissimo lavoratore, uno passionale: alle sue squadre trasferisce forza, entusiasmo, carica. Al Napoli sta dando tantissimo in questi anni».
Quando disse definitivamente basta?
«Allenavo il Parma, accettai di tornare con un ruolo diverso, da direttore tecnico, però mi fu chiesto da allenare. Andai in panchina, la squadra era forte, c’erano Buffon, Cannavaro, Thuram. Pareggiammo con Inter e Lecce, poi vincemmo 2-0 a Verona. E io non provai nessuna gioia, assolutamente nulla. Telefonai a mia moglie e disse che non avrei più continuato».
L’emozione per la vittoria l’elisir anti-stress?
«Nel mio caso era così. I soldi non erano il primo aspetto, infatti quando mi dimisi dal Parma rinunciai al contratto più ricco della mia carriera. Contavano le emozioni e la vittorie gratificano il mio lavoro, cancellavano le ansie, le notti insonni delle vigilie, i dubbi amletici che ti portavi fino alla vigilia delle partite. Quando non fu più così mi fermai».
Come definirebbe la vita di un allenatore?
«L’allenatore è un uomo solo al comando che deve assorbire tutte le tensioni, da qui si genera lo stress. Quando smetti provi un senso di liberazione, poi la voglia ti torna, un po’ come il fumatore. Se passano almeno tre anni ti disintossichi del tutto».
Quando smise poi venne richiamato?
«Ci provò Galliani a riportarmi nel Milan, una volta mi telefonò dicendomi che riguardava le partite della mia gestione in Tv e ancora si emozionava. Gli risposi che se le avessi riguardato io a me sarebbe tornato in mente tutto lo stress della vigilia. Quando smisi parlai anche con uno psicologo e gli chiesi spiegazioni su quello che provavo dopo venticinque anni da allenatore. Mi rispose che era meravigliato del fatto che ero riuscito a resistere per tanti anni».
Juve-Napoli le è piaciuta?
«Sinceramente non è stato un bello spot per il calcio italiano. Le due squadre si sono annullate, sarebbe probabilmente finita 0-0 senza quel gol da calcio d’angolo. Mi aspettavo di più sia dalla Juve che dal Napoli. Mazzarri ha detto che la sua squadra gli è piaciuta, stavolta non mi ha trovato d’accordo».
Corsa scudetto ancora aperta?
«Apertissima. La Juve è davanti a tutte ma ci sono tante partite».

Fonte: Il Mattino

La Redazione

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