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La rivoluzione a metà di Garcia nasce nella confusione estiva di De Laurentiis

La rivoluzione a metà di Garcia al momento non convince, si riparta da idee, coerenza e credibilità

De Laurentiis dalla sera del 4 maggio è entrato a Napoli in una dimensione nuova. Non gli era mai accaduto di essere acclamato, trattato come un re, colui che 33 anni dopo aveva condotto il Napoli di nuovo a trasformare i sogni in realtà. Dodici mesi prima De Laurentiis fu barricato negli alberghi di Dimaro e Castel Di Sangro fino all’ultima amichevole contro l’Espanyol, un anno dopo ha vissuto l’estate da leone. La meritava per i diciannove brillanti anni vissuti alla guida del Napoli ma, come Cristo si è fermato ad Eboli, il Napoli è ancora fermo all’ubriacante gioia del post-scudetto.

De Laurentiis nel corso della sua era da presidente ha saputo programmare, anche quando la scelta non si è rivelata fruttuosa l’ha pensata, progettata, valutata. È andata così quando passò da Mazzarri a Benitez, da Cavani ad Higuain, da Sarri ad Ancelotti, anche con Gattuso per mettere a posto una squadra distrutta dall’ammutinamento.

La rivoluzione dell’estate 2022, che ha portato ad una delle migliori annate della storia del Napoli, è stata costruita nel corso degli anni dall’area tecnica con a capo Cristiano Giuntoli, un vuoto sottovalutato da De Laurentiis. Nei meandri della presunzione estiva, quando il luccichio del tricolore incantava le folle, a Napoli passavano i giorni parlando della squadra per cui Giuntoli facesse il tifo, una “corrida” a cui ovviamente partecipò anche De Laurentiis. Il Napoli in quei momenti era già indietro mentre sulla sua pelle crescevano le contraddizioni. Ce ne sono per tutti gli argomenti: perché De Laurentiis ha preso prima l’allenatore e poi il direttore sportivo? Chi gli ha suggerito la scelta Garcia? Perché lui parlava di continuità mentre Garcia già progettava la rivoluzione a metà che non sta funzionando? Perché il 12 agosto non ha più parlato annunciando le sue previsioni sulle ambizioni del Napoli? Perché si è sostituito Kim, uno dei migliori difensori del mondo, con un centrale senza esperienza internazionale, tutto da verificare?

Per otto anni, nonostante il comando assoluto di De Laurentiis, le valutazioni tecniche sono state affidate a Giuntoli. Quest’estate, quando i pensieri erano ancora proiettati nella gioia post-scudetto, l’uomo al comando è stato il coordinatore dello scouting Maurizio Micheli anche dopo l’arrivo di Meluso nel ruolo di direttore sportivo.

La rivoluzione a metà di Garcia è la sintesi della confusione estiva: il presidente, aggrappato al feticcio del 4-3-3, sognava di riportare l’orologio a fine marzo, riaccendendo la macchina da guerra che aveva costruito Spalletti come se nel calcio esistesse il copia e incolla. Una proposta di gioco che andava oliata, c’era bisogno di manutenzione perché negli ultimi due mesi di stagione, complice anche la sensazione di aver ormai raggiunto l’obiettivo, dopo un lungo periodo vissuto a manetta era un po’ calata. Garcia non è venuto a Napoli per ripartire dal lavoro di Spalletti, che non ha neanche menzionato durante la conferenza stampa di presentazione, ma ha subito parlato del suo tocco. Sin dal ritiro di Castel Di Sangro, si è capito che pensa di trasformare il Napoli con il 4-4-2. Parla di squadra camaleontica ma la storia del Napoli insegna che c’è bisogno di allenatori didattici che partano da un’identità definita, lavorando poi su alcune alternative. Il risultato della confusione estiva è il Napoli che si vede in campo: fragile, a tratti lungo, che spesso perde le distanze giuste con Osimhen isolato e Kvara ingabbiato, una squadra poco attenta e determinata sulle scalate difensive anche su palla inattiva, dove spesso non funzionano le coperture preventive.

Garcia ha chiesto di più alla squadra ma deve calarsi nella mentalità per cui è il primo che deve trasformare l’inerzia delle cose, lavorando sulle idee che nel calcio della preparazione diffusa e massiva fanno la differenza. Contro il Genoa ha saputo intervenire sulla partita, ha prodotto un’idea ed è stato premiato: Cajuste chiamato a buttarsi tra le linee, Raspadori vicino ad Osimhen. I gol sono nati così, basta poco che ce vo’, avrebbe detto Giobbe Covatta. Idee, chiarezza, coerenza, credibilità: il recente passato glorioso, che Garcia ha detto in maniera infelice di non conoscere, si è sviluppato così. La strada (non c’è un’altra) è ancora quella, tocca trovarla e seguirla senza voltarsi indietro.

Ciro Troise

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