Prendete una gamba fratturata. Qualsiasi manuale medico vi consiglierebbe di ingessarla. Operarla prima, poi ingessarla. Poi via col tutore, la fisioterapia e tutto il resto. Questa è la prassi consueta. A rigor di logica non è neanche tanto difficile dire una cosa del genere. Ora invece prendere la stessa gamba, sempre rotta, e sentite un medico dire “dobbiamo metterci un cerotto”. Ecco che lo applica e poi vi manda a casa. Strano, vero? Consideriamo sempre la stessa gamba, ma un medico diverso. Stavolta, davanti ad una frattura, vi dice: “Dobbiamo amputare!”.
Pazzo! Questo è quello che penserebbe chiunque, anche chi non ha conoscenze mediche di base. Adesso lasciamo perdere la storia della gamba, del medico e dell’amputazione, e parliamo di calcio. Non di calcio giocato. Ci farebbe piacere parlare di questo. Del recupero di Milik, del dualismo che tra qualche settimana si instaurerà con Pavoletti. Di Gabbiadini in uscita, della Juve che soffia Orsolini e di Leandrinho, se è forte o meno. Parliamo di calcio, ma dal punto di vista degli spettatori, di quelli che pagano il biglietto e che, forse troppo spesso ce ne dimentichiamo, fanno andare avanti la baracca. Già, i tifosi, quelli a cui quasi nessuno pensa. E’ notizia di poco fa che la vendita del settore ospiti di San Siro è stata sospesa. l’Osservatorio Nazionale delle Manifestazioni Sportive ha momentaneamente bloccato la vendita dei tagliandi ai tifosi napoletani. Motivo? Si legge, testualmente, “in ragione del comportamento violento tenuto da una frangia di tifosi partenopei in occasione della gara Napoli-Spezia”.
“Frangia di tifosi”, questo è il nodo centrale di tutta la questione. Già, perché, come al solito, giusta o sbagliata che sia, la decisione tende a generalizzare. A colpire indiscriminatamente. Sganciare un’atomica per contenere un’epidemia di raffreddore. Vietare a 6 milioni di potenziali tifosi di assistere ad una partita per “punire” il comportamento violento di un centinaio di loro. Una logica sbagliata che, purtroppo, recentemente viene sempre più spesso applicata. E non solo ai danni del Napoli. La storia recente è piena di divieti “generalizzati”. Vogliamo prendere ad esempio la tanto criticata divisione della curva romanista? Potremmo farne anche degli altri.
Alla base ci sono essenzialmente due problemi di grossa portata: da un lato l’incapacità cronica da parte dello Stato italiano di gestire queste situazioni, dall’altro lo scarso rispetto per i tifosi. Il primo punto è ormai una tragica costante nel movimento calcistico italiano. Non tanto per l’incapacità di evitare certe cose (che pure è una cosa grave) quanto per l’incredibile costanza di mettere una toppa che è peggio del buco. Vogliamo prendere ad esempio la tanto pubblicizzata Tessera del Tifoso. Doveva essere la panacea di tutti i mali del mondo calcistico italiano. E’ diventate niente più e niente meno che una semplice “carta fedeltà” dalla dubbia utilità.
Ancora più grave è il secondo punto, il rispetto per il tifoso. Ormai, e non è un mistero, il semplice tifoso è diventato progressivamente “l’ultima ruota del carro”. Da un ruolo centrale ad uno estremamente periferico nel giro di qualche decennio. E se prima le società e il movimento calcio facevano di tutto per accaparrarsene il favore, adesso egli è quasi visto come un elemento di contorno, se non di aperto disturbo in un calcio sempre più market oriented.
Come può un napoletano che vive a Milano, e sappiamo che ce ne sono molti, accettare con serenità una decisione che lo priva della possibilità, senza che lui abbia commesso niente di illegale, di vedere la sua squadra giocare nella città in cui abita in una delle uniche due volte l’anno in cui è possibile?. E per tutti quelli che magari avevano già prenotato il treno o l’aereo per raggiungere Milano? Come possono loro serenamente strappare il biglietto solo perché qualcuno, con cui loro non hanno mai avuto a che fare, ha commesso qualcosa di illegale. Badate bene, non stiamo discutendo se sia giusto punire o meno chi, prima del match contro lo Spezia, ha causato disordini. Questa è una cosa assodata. Stiamo criticando le modalità di questa punizione, modalità che tendono a fare di tutta l’erba un fascio e che tendono a punire chi, con i comportamenti illegali prima di Napoli-Spezia, non ci ha mai avuto a che fare.
Ma fino a che il calcio italiano, e per estero la politica italiana, non inizierà a capire che i comportamenti violenti saranno limitati solo attraverso l’isolamento di determinate frange e che la logica del “punire cento per educarne uno” non ha assolutamente senso, staremo qui a discutere del nulla. Magari tra qualche anno ci ritroveremo a credere che una nuova Tessera del Tifoso possa risolvere tutti i mali del calcio. Ma, fidatevi, se non cambierà l’attitudine e la volontà nel risolvere determinati problemi, tra qualche anno, questo articolo risulterà di un’attualità imbarazzante.
Servizio a cura di Giancarlo Di Stadio
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