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Corbo: “Il Napoli dalla prima sconfitta esce più forte se ne sa leggere i motivi”

Il Napoli crolla dopo aver giocato tre partite in una. Non riesce a staccare il Milan, fermato l’altra sera a Firenze, ma trova nel finale ruggente la forza per urlare anche a se stesso che la lotta per il primato non è finita. Dalla prima sconfitta esce più forte se ne sa leggere i motivi. Il primo è la fragilità improvvisa, grave per una capolista: passato presto in vantaggio con Zielinski lanciato da una intuizione di Insigne, subisce la reattiva potenza dell’Inter. E va in pezzi. Quelli che Spalletti deve raccogliere uno per uno con lucida umiltà per una analisi che deciderà le prossime 25 partite. È stato bello per il Napoli raccogliere 32 punti in 12 partite (media punti 2,6) e solo 4 gol subiti. Ma anche facile trascurare le prime ombre: dopo i 13 gol nelle prime 7 gare, qualcosa è cambiato nel congegno offensivo se ne ha realizzati 5 nelle 5 successive, se Osimhen non segna dal 23 settembre, se Insigne non vi riesce su azione dopo i 19 del campionato corso. Andava tutto bene, ed il Napoli con il vento nelle vele filava spensierato. Volando alla velocità del solo Milan, si è convinto dei suoi valori. Tra questi, il possesso palla, quindi di dominio del gioco. Il 3-2 è impietoso perché ignora il vibrante finale con Mertens protagonista. È invece corretto se si tiene conto della seconda fase, quella centrale, quando il Napoli sbanda, colpito nei suoi punti vitali da un’Inter travolgente. Passa in 36 minuti da 0-1-0 a 3-1, dal rigore di Calhanoglu al terzo gol di Lautaro come ravvolto da una tromba d’aria. Si smarrisce perché succede quello che proprio Spalletti sabato aveva temuto, e che non sa evitare. Non solo, cede all’Inter i suoi uomini chiave. In colpevole sudditanza sulle fasce laterali consentono in quei 36 minuti la cavalcata trionfale dell’Inter. Ma all’infausto equilibrio tattico, collaborano i giocatori anche con le individuali soggezioni. Zielinski va a marcare Brozovic, la posizione avanzata contro il centrale del quintetto interista di centrocampo gli consente il primo, gran gol della partita, raggiunto da un intelligente passaggio laterale di Insigne. Ma negli altri duelli va sempre peggio per il Napoli. Sulla destra, l’Inter non trova ostacoli. Darmian vede la corsia libera perché Insigne si accentra senza proporre granché. Un gigantesco Barella per intelligenza e mobilità si accosta a destra lasciando in forte imbarazzo Fabiàn Ruiz. Sulla sua sinistra, l’Inter fa ancora peggio. Lascia Bastoni su Lozano ipnotizzandolo per la prima mezz’ora, Lozano deve arretrare un po’ per essere più vivace incrociando Perisic. Ma Perisic è lo stesso che porta gli attacchi più duri d’intesa con Chalanoglu. La difesa a 3 dell’Inter con un ritmo così alto determina la superiorità a centrocampo, confonde le idee a Mario Rui sulla destra e Di Lorenzo a sinistra. È come se su quelle fasce scorressero due fiumi in piena. Manca la risposta tattica di Spalletti. Una ipotesi: sistemare la squadra a specchio, con difesa a tre e l’inserimento di Juan Jesus. Ma un cambio di modulo non s’inventa. Con Insigne e Lozano tirati via riconosce il guasto tattico di quei 36 minuti. Senza Osimhen ancora limitato dalla sua esuberanza e frastornato da una testata Con Skriniar, con un’Inter che stanca si riunisce a difesa della vittoria, con un lucidissimo e aggressivo Mertens il Napoli monta una batteria di fuoco che è la terza partita. Il finale dei troppi rimpianti.

Fonte: Antonio Corbo per “Il Graffio” di Repubblica

 

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