Se bastassero i «plastici», il calcio italiano avrebbe risolto tutti i suoi problemi. Ma quelli funzionano negli studi di Bruno Vespa, un po’ meno per ammodernare l’impiantistica sportiva. Non c’è presidente in Italia che non abbia un progetto nel cassetto, un impianto polivalente capace di far impallidire, per modernità quelli sin qui realizzati. Ma quelli realizzati sono solidamente piantati per terra, quelli progettati, invece, restano di carta, avveniristici e impalpabili. Si attende una legge. Doveva essere pronta nell’aprile del 2007 quando vennero assegnati gli Europei del 2012 che invece di finire all’Italia vennero dirottati in Polonia e Ucraina; dovevano dare consistenza al dossier per la conquista del torneo continentale del 2016 che, invece, sarà organizzato dalla Francia. La legge è sempre lì, a un passo dall’approvazione, un passo che non viene compiuto mai. L’unico club che non ha atteso quel provvedimento, la Juventus, lo stadio nuovo lo ha fatto raccogliendo i primi frutti (incassi aumentati e scudetto). Gli altri restano in attesa.
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