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La lettera di Gino Rivieccio: «Mio caro giornalista, sono felice di puzzare»

Sì, è vero signor Amandola: puzzo! Puzzo di rabbia verso chi mi vuol maltrattare e di indifferenza verso chi pensa di offendermi: perché il Napoli è una malattia, ma una malattia piacevole, che si prende da bambino, insieme agli orecchioni, al morbillo e alla varicella.

Caro signor Amandola mi sono ammalato e impuzzito a 5 anni quando tra i banchi di scuola tutti tifavano per l’Inter di Sarti, Burgnich e Facchetti, per il Milan di Rivera, Schnellinger e Lodetti, per la Juve di Bettega e Furino. Io invece, grazie a mio padre che la domenica mi portava al San Paolo (pecchè diceva ”S’hanna ‘mparà a piccerille”), ho incominciato ad ammalarmi di Napolite, una malattia che colpisce in tenera età e che può durare pure per tutta la vita e il cui puzzo si sente nel mondo tra oltre sei milioni di persone.
Certo, ci sono stati dei periodi tra Corbelli, i fallimenti e le retrocessioni, in cui la malattia stava regredendo, in cui il puzzo si sentiva di meno. La domenica non mi sintonizzavo più su Tutto il calcio minuto per minuto, vedevo una partita al mese e in teatro qualche volta non chiedevo neanche che cosa avevano fatto gli azzurri. La guarigione fu sfiorata in serie B contro l’Albinoleffe che ci battè e mortificò. Quel giorno decisi di farmi le analisi e il responso fu spietato: il tasso di scoraggiamento era altissimo, tasso di allontanamento superiore alla media, squadra, presidenza e giocatori: tracce.
Da un paio d’anni poi la malattia è ripresa più forte di prima e con essa il puzzo terribile che si espande ogni volta che inizia una partita: amichevole, coppa Italia, Champions, Europa League o campionato non ha importanza. Caro signor Amandola non ci posso far nulla. Ne ho anche parlato col mio medico di fiducia. Mi ha consigliato delle pasticche da prendere prima dei pasti. Mi ha detto di fare attenzione perché sono molto amare. Gli ho risposto: «Ci sono abituato, da quando ho preso la malattia del Napoli ne ho ingoiati tanti di bocconi amari», in particolare in quello stadio di fronte al quale lei sabato ha fatto arrossire l’Ordine che rappresenta.
Stamattina per accontentarla ho consumato due litri di profumo e tre flaconcini di deodorante. Ma per uno strano scherzo del destino su entrambi c’era scritto ”Made in China” ed il puzzo è rimasto ugualmente. Ma ne vado fiero perché il Napoli insieme all’amore per la mia terra è una di quelle dieci cose per cui vale la pena vivere. E di puzzare.

Fonte: Il Mattino

La Redazione

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