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Luis Enrique: “Porterò la Roma in Europa”

Il tecnico spagnolo: "Credo ancora nella mia squadra"

Quaranta ore dopo, è un altro Luis Enrique. Placido, rilassato, attento a ogni risposta. Il lavoro del mental coach Llorente, «che serve a me più che alla squadra» , ha restituito un uomo lucido alla vigilia dalla partita che può orientare in maniera definitiva il suo futuro. Era fuori di sé mercoledì dopo la sconfitta contro la Fiorentina, innervosito da una sindrome da accerchiamento, mentre adesso va incontro al suo destino con la serenità di chi ha dato il massimo per girare la ruota dalla parte giusta:  «Non sono scaramantico, le corna che ho visto nelle foto sono solo casuali. Io credo nel lavoro». Ha già mollato la Roma? Oppure aspetta che la squadra reagisca agli stimoli prima di decidere di continuare? Il dibattito è aperto e non ha una risposta certa, anche se i nomi di Villas Boas, Allegri, Prandelli e adesso anche Guardiola scuotono i tendoni di Trigoria. La sensazione emersa ieri è che Luis Enrique sia ancora a tutti gli effetti l’allenatore della Roma.

IL PIANO – Fin qui le supposizioni e le suggestioni. Poi viene la razionalità dei numeri. Se perde anche contro il Napoli, Luis Enrique non solo allargherà il fronte dei contestatori. Ma eguaglierà anche il record negativo della Roma dei cinque allenatori: quindici sconfitte nel campionato 2004/05. Allora la società rischiò la serie B, stavolta invece è in bilico tra l’Europa e il nulla. E sarebbe uno smacco ulteriore per la nuova proprietà americana, giustamente attratta dalla visibilità internazionale: negli ultimi quindici anni la Roma è sempre stata iscritta a una coppa. Luis Enrique lo sa e allora chiarisce: «Voglio portare la mia squadra nell’Europa League. Sono convinto di poter uscire da questo momento. Mancano quattro partite e sono concentrato sul nostro obiettivo. A fine stagione poi parlerò ai dirigenti, valuteremo i problemi e vedremo cosa succederà. Di sicuro non mi sono mai pentito di essere venuto alla Roma» .
CHIARIMENTI – La sua è un’analisi autocritica ma anche fiera: «A volte nelle conferenze stampa, con la tensione delle partite, mi esalto un po’. Purtroppo io sono così, sarà difficile che cambi il mio rapporto con i giornalisti. Però vi dico anche adesso che non è tutto da buttare il nostro lavoro. Siamo settimi, non è un grande risultato, ma questo è stato un anno diverso. Nuova proprietà, nuovo allenatore. Se Osvaldo o Totti avessero fatto gol contro la Fiorentina, saremmo a due punti dal terzo posto. Lo so che poi abbiamo perso, che abbiamo perso tante volte, però sono sicuro che in futuro la Roma vincerà» . Con o senza di lui: «Questa è una società incredibile con un tifo eccezionale. La classifica non ci ha premiati ed è giusto così: significa che meritiamo 50 punti. Però cercheremo di risalire già dalla partita con il Napoli» . I tifosi lo contestano. Anche ieri a Trigoria era esposto uno striscione che in spagnolo lo invitava a tornare a casa: «E’ difficile giudicare uno striscione, che può essere stato fatto da un tifoso oppure cento. Capisco la rabbia della gente, che non abbiamo saputo accontentare. Ma io sento ancora per la strada molti tifosi che mi chiedono di restare: non mi vogliono tutti via» .
SFERZATA – Soltanto nel finale della conferenza si lascia andare a uno sfogo. Le vene del collo si gonfiano, il viso si arrossa, la voce si alza, quando gli viene chiesto conto dell’atteggiamento iperprotettivo nei confronti dei giocatori:  «Io sono il responsabile della squadra e mi prendo tutte le colpe. Ma so che tutti devono migliorare. E allora ai giocatori do un consiglio: portare con più orgoglio la maglia della Roma per meritare questi tifosi. Se alla squadra in certe partite è mancata la personalità, non so cosa dire: la personalità non si compra al supermercato» . Ma forse sul mercato sì.
Fonte: Corriere dello Sport
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