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Luis Vinicio: “Napoli, è un’altra storia. Credo molto nella squadra di Mazzarri”

Via da Napoli, ma col biglietto di ritorno nel taschino. E quello di allora fu solo un arrivederci, perché ‘ O Lione in cuor suo sapeva che sarebbe tornato. Napoli lo aveva stregato, tanto da farlo sentire subito a casa. Correva l’anno 1955, il comandante Lauro l’aveva prelevato dal Botafogo per 50 milioni, strappandolo alla Lazio e, grazie anche a quel concentrato di tecnica e potenza, riuscì ad incrementare notevolmente sia gli incassi al botteghino che i voti alle elezioni amministrative. Tantissimi gol in cinque stagioni, Luis Vinicius de Menezes aveva trovato in Napoli la sua Belo Horizonte: saudade scesa sotto i livelli di guardia, piazza stregata e tifosi in delirio. Tanto che, quando le cose cominciarono ad andar maluccio, nel ‘60, e si decise di sacrificare il brasiliano, un tifoso fece il giro del campo con un cartello ed una scritta: “Vendetevi l’anima ma non Vinicio”. ‘O lione invece andò al Bologna. «Non ricordo con gran piacere l’ultima parte della mia carriera di calciatore al Napoli. E’ vero, non stavo granché bene, ma preferirono vendermi anziché valutare a fondo il tipo di problematica. In effetti era un po’ d’anemia dovuta allo stress, ci sarebbe voluto ben poco per venirne a capo. In poco tempo mi rimisi e feci bene sia a Bologna che a Vicenza, dove riuscii anche a vincere la classifica cannonieri”» 

Ma poi, dopo 13 anni lei è tornato in azzurro, al timone di uno dei Napoli più effervescenti…
«Sapevo che sarei tornato, e quell’esperienza in due puntate (cinque stagioni intervallate da un biennio di Lazio, ndr) è stata la più bella della mia carriera. Napoli mi accolse come se fosse passato un solo giorno, e poi avevo con me ragazzi straordinari come Carmignani, Iuliano, Burgnich, Bruscolotti e Clerici».

Fece quel Napoli a sua immagine e somiglianza
«Certo, mi divertii a dargli la mia impronta, ma penso che anche la gente ne fu molto colpita. Sfiorammo persino lo scudetto giocando un bel calcio»

Ma cosa fece?
«Semplice. Tolsi il libero, che per me era inutile, e schierai la difesa a quattro in linea, con particolare propensione all’applicazione del fuorigioco. In un’Italia calcistica “catenacciara” fui in effetti il primo a proporre quel 4-4-2 con marcatura a zona. Sa perché riuscì così bene? Perché gli stessi giocatori si divertivano molto durante gli allenamenti. E, se il calcio è un gioco, prima di tutto bisogna divertirsi».

Ma il Napoli attuale ha qualcosa del suo?
«Non tanto. Erano altri tempi. Ma se proprio dobbiamo cercare un punto in comune, direi che potrebbe essere la coralità”

Allora, come lo trova?
«Per me rasenta la perfezione. E’ ben calibrato in tutti i reparti, riesce ad entusiasmare e fare pure molti punti. Direi che è quello che ci vuole, no?»

Se lo dice lei che se ne intende. Ma questo Napoli dove può arrivare?
«Su, sempre più su. Quest’anno potrebbe puntare al bersaglio grosso, si sono fatte le cose per bene, presidente e società hanno messo su un coro intonato, dallo staff ai giocatori”

Ma, andiamo per gradi. Non pensa che si stia un po’ sottovalutando l’Europa League?
«Certo che lo penso. Ma occorre che si faccia così, che si sacrifichi qualcosa per poter mettere lo scudetto nel mirino. Stimo molto Mazzarri, sa il fatto suo».

Primo in classifica e oggi opposto all’Udinese, squadra che lei ha allenato. Cosa ne pensa?
«E’ primo a pieno merito. L’Udinese non è l’ultima arrivata e ha battuto il Liverpool, ma quella è un’altra storia. Qui si parla di campionato e il Napoli è più forte. Azzurri favoriti, la sconfitta in Coppa conta poco».

Mazzarri torna a calare gli assi, i suoi preferiti?
«Cavani è straordinario, nel mio Napoli avrebbe fatto faville. E’ un’ira di Dio, ma ammiro molto anche Hamsik, giocatore di rara intelligenza».

Dopo l’Udinese c’è la Juve, ancora una volta. La rivalità resta intatta giusto?
«Eh, sì, anche allora. La Juve dei miei tempi era uno squadrone, ma quando si batteva se ne cadeva Napoli. Il ricordo amaro è legato a quel minuto 93° ed il gol di Altafini (fu ribattezzato “core ingrato”) che fece svanire il tricolore. Spesso ci penso ancora. Ma sono dell’opinione che il Napoli ora sia più forte della Juventus e sul campo lo dimostrerà».

Fonte: Corriere dello Sport

La Redazione

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