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Masiello: «Con il Lecce presi 300mila euro dovevo assicurare la sconfitta»

È lui, Masiello, l’inventore di una sorta di zona Cesarini del «calcionero», un protocollo operativo nuovo, per evitare la disperazione di un pareggio all’ultimo minuto: un autogol per perdere in maniera certa, perchè non basta lo svantaggio di una rete nel derby con il Lecce, giocato in campo ma già venduto agli scommettitori proprio dietro la porta-amica difesa da un incredulo portiere francese, Jean Francois Gillet. Ma per Masiello c’è un incasso da lotteria: un assegno da 300mila euro per un autogol da sconfitta sicura. E quale occasione più certa che quella di spedire il pallone nella propria porta? E poi fingere la disperazione rotolandosi nella rete, come testimoniano le foto di quel giorni? E poi, magari piangere…
Eccolo il racconto di Andrea Masiello: «Voglio aggiungere che quando il risultato del derby Bari-Lecce era sullo 0-1 ho sfruttato un’occasione che mi si è posta per poter cristallizzare definitivamente l’esito di sconfitta per il Bari e per poter ottenere il pagamento promessomi realizzando così l’autogol con cui è è concluso l’incontro». La svolta dell’inchiesta barese su uno dei capitoli italiani del calcionero arriva mercoledì scorso, 28 marzo, quando Andrea Masiello invia una nota al procuratore della Repubblica di Bari, Antonio Laudati. Per Masiello, nato a Viareggio ma di papà napoletano, è stato come il pentimento finale dopo aver tentato di sviare gli investigatori in due interrogatori e negato più volte di aver intascato danaro per truccare partite e risultato. E così Andrea Masiello non solo confessa l’autogol nel derby pugliese con il Lecce del 15 maggio 2011 ma va oltre e si conferma come elemento centrale della inchiesta barese. Anche da squalificato, come capita nella gara Cesana-Bari del 17 aprile 2011, Andrea Masiello riusce ad esercitare la sua influenza in quella che i magistrati pugliesi definiscono «associazione a delinquere finalizzata alla truffa sportiva».
A pagina 78 il gip riferisce il pentimento di Masiello: «Durante la partita Cesena-Bari ero squalificato e mi trovavo a pranzo da un mio amico a Bar. Prima dlel’ijnizio della gara venni contattato da Antonio Bellevista su WhatsApp (messaggistica istantanea via smartphone) il quale mi chiese se fossi a conoscenza di un’eventuale alterazione dell’incontro e mi invitò a conttatare qualche mio conpagno per avere informazioni». Masiello contatta il suo compagno di squadra Nicola Belmonte. «Lui mi invitò non parlare per telefono. a fine partita contattai Bellavista che rientrò a Bari in aereo, mi chiese di passare presso la sua abitazione dopo cena. Ritirai 20mila euro». Andrea Masiello nelle carte processuali presenta la sua identità, nato a Viareggio e residente nella città versiliana. Ma si trova in Toscana perchè il papà Mario vinse con i colori del Napoli il torneo Viareggio del 1975, qui sarebbe rimasto a giocare nella squadra versiliana. Qui nacque anche Andrea, nel 1986.
Ma è il gip Abbattista a delineare il quadro dell’accusa, dal «mercimonio» dei calciatori ormai sulla strada della retrocessione al mercato delle partite, con le minacce degli ultras, schiaffi e pugni fin dentro gli spogliato, i traffici in un noto ristorante di Bari, le incursioni degli scommettitori fin dentro i ritiri. Abbattista decide in appena dieci giorni l’arresto di Masiello e degli scommettitori baresi Ganni Carella e Fabio Giacobbe (la richiesta della procura è del 21 marzo scorso). «Più calciatori del Bari – sul finire della stagione 2010-2011 erano ormai sul mercato non già nel senso calcistico del termine, ma come accezione mercantile dell’espressione». Perchè i calciatori, scrive il gip, «vendevano le partite contemporaneamente su più tavoli, sia che gli interlocutori fossero stranieri (zingari come per Palermo-Bari) senza scrupoli, sia che si trattase di faccendieri e ristoratori locali».

Fonte: Il Mattino

La Redazione

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