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Napoli senza carattere e fiducia: Bilbao ferita ancora aperta, il problema è nella testa

Il giorno dopo il 3-3 con il Palermo, quarto punto raccolto in quattro partite in un San Paolo mai così vuoto e gelido, è un giorno poco inglese e molto all’italiana: alle 12.30 di domenica si gioca in trasferta con il Sassuolo? Bene, revocato il riposo programmato e via con l’allenamento d’urgenza. E mentre De Laurentiis conferma la piena fiducia in Benitez attraverso Radio Kiss Kiss («Non rischia nulla»), il tecnico abbina la sala video al lavoro: analisi della rimonta subita mercoledì e del momentaccio. E chi pensa a uno psicodramma, beh, sbaglia di grosso, perché i toni sono talmente pacati da non sembrare quelli di una crisi. Il Napoli, però, è in crisi eccome: due vittorie in 7 partite – a Genova e in Europa League – e depressione profonda. Sì, Rafa lo ha ribadito anche ai suoi: per lui non è una questione tattica, bensì soltanto psicologica. Da risolvere già domenica: un mezzogiorno e mezza di fuoco da affrontare con le tute d’amianto.

Fiducia e condizione. E allora, le domande. Dal primo grande mistero: possibile che gente come Higuain, Hamsik, Mertens, Insigne, Callejon e company sia diventata scarsa in un amen? No. Però è plausibile che il flipper da 104 gol, una Coppa Italia e tante altre cose belle abbia fatto tilt in pochi mesi. Dei magnifici cinque di cui sopra, non v’è traccia in campionato: eccetto Callejon, a quota 2 gol, gli altri sono ancora a secco. Ma soprattutto, e questa volta lo spagnolo non fa eccezione, il rendimento è stato molto deludente (Sparta escluso). Il disarmante outing di Albiol del dopo-Chievo rimbomba: «Manca la fiducia: l’eliminazione in Champions è stato un colpo duro». La sindrome di Bilbao è ancora un macigno e nello spogliatoio non si sorride più, però un maestro di calcio come Rafa sa bene di dover fare anche lo psicologo: missione non ancora compiuta. Tra l’altro, i test fisici evidenziano crescita costante: la condizione atletica non c’entra nulla.

Senza carattere. Che in questo momento la squadra sia scarica, a tratti addirittura senz’anima, è palese. Caso-Palermo: 11 minuti per andare sul 2-0 e 7 per incassare il 2-2. Alla minima difficoltà il gruppo si sgretola: zero fiducia, zero carattere. «Fatemi capire se qualcosa non va ?” è una delle domande che Rafa ha fatto mercoledì a caldo alla squadra, dopo la partita. Come a dire: ma che diavolo ci succede? Questo è quanto dovrà capire lui, al volo: lo impongono il curriculum e il prestigio.

Con l’adios di Reina è partito anche l’ultimo leader. Era il vero faro, Pepe, però è andata così e piangere chi ha fatto altre scelte è da frignoni perditempo. E allora? Perché non intervenire in questo senso sul mercato? Al di là delle intenzioni – Mascherano docet – il d.s. Bigon ha prodotto il giovane Koulibaly (ombre a iosa e poche luci) e troppi viaggi a vuoto: il fairplay finanziario è un dogma e le intuizioni mancano. Nel nulla, e con i migliori della squadra delusi già in partenza, Rafa ha dovuto fare da sé. Senza protestare apertamente, ma senza firmare il rinnovo: niente segnali di crescita, niente segnali di continuità.

Smarriti. La continuità, invece, è tattica: lo show del 4-2-3-1 della scorsa stagione copriva le ataviche lacune difensive, ma nel grigiore attuale restano solo quelle. Numeri impietosi: 7 partite, 10 gol fatti e 11 subiti. Appena un anno fa, allo stesso punto, il Napoli batteva il Borussia in Champions e calava il poker perfetto in campionato con il Milan a San Siro. Senza i maestri dell’attacco, insomma, pesano oltremodo le incredibili ingenuità difensive, sui calci piazzati e su azione (vedi il primo e il terzo gol del Palermo). E ancora: tra tanti cambi, a volte azzardati, Rafa non ha ancora trovato solidità sugli esterni – dove Mesto è l’unico a non aver avuto spazio, nonostante prestazioni pessime degli altri – né in mediana. Cambiare è moderno, it’s turnover, ma l’impressione è che la squadra abbia perso l’identità.

Sogni e realtà. E pensare che fino a ieri l’obiettivo dichiarato era lo scudetto: il calcio è imprevedibile, certo, però per il momento restano il vuoto-Champions e il peggiore avvio dell’era-De Laurentiis in A (come con Donadoni nel 2009). Con il Sassuolo, a Bratislava e con il Torino urgono reazione e vittorie. E, a dirla tutta, urgerebbe anche l’abbraccio della gente: il Napoli adesso ha bisogno del suo popolo.

Fonte: Corriere dello Sport

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