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Preziosi: «Se Aurelio vende il Napoli, io sono pronto»

Il presidente del Genoa, avellinese e tifoso degli azzurri, è stato due volte vicino all’acquisto

Enrico Preziosi non è solo il presidente del Genoa. Avellinese di nascita, è uno che è partito lavorando per l’Anas sulla Salerno-Reggio Calabria, è immigrato in Brianza, è stato impiegato alla Philips, ha venduto elettrodomestici. È uno che poi nel ’78 ha iniziato con l’ingrosso dei giocattoli e oggi controlla un impero da 700 milioni di volume d’affari, il quarto gruppo al mondo del settore e il primo in Europa.

Un destino strano il suo. Re Mida negli affari, ma nel calcio non ha mai coronato il suo sogno. «È vero, quello di comprare il Napoli. Ormai ci ho rinunciato. Lo sanno tutti che sono tifosissimo degli azzurri. Due volte ci ho provato, la seconda volta convocai persino un consiglio di amministrazione straordinario del mio gruppo per dare l’annuncio. Dissi: è fatta. Ma poi Naldi cambiò idea».

Era il 2003. Fu una questione di soldi? «No, Naldi alla fine si era veramente innamorato del Napoli e non voleva rinunciarci. Un manicomio. Allora mi propose una vendita a rate pur di non disfarsene subito. Mi disse: ”Enri’, tu quest’anno compri il 20 per cento, il prossimo un altro 20 e tra cinque anni la società è tutta tua”».

E lei che gli rispose? «Che io se prendo una cosa è per controllarla e comandare. Non certo per vedere un altro che decide e avere il biglietto nella tribuna vip. Pure se è quella del San Paolo».

Quante volte c’è stato in quello stadio da tifoso a vedere gli azzurri? «Un’infinità. La prima fu in una partita contro la Juventus nel 1958. Non si giocava a Fuorigrotta ma al Vomero: finì 4-3 per noi. Che brividi. Avevo preso una corriera da Avellino, ero come sempre senza biglietto e non mi facevano entrare. Allora io mi intrufolai in mezzo a due persone e riuscii a vedere la partita».

Il calcio è sempre stato per lei una specie di demone? «Sono un imprenditore razionale e freddo, ma per il calcio mi trasformo, sono passionale, faccio pazzie. Da giovane come adesso che non lo sono più tanto».

Indossi i panni del presidente di calcio razionale: le differenze tra il Napoli e il Genoa? «Mazzarri e Cavani. Però io quest’anno non ne ho azzeccate molte nel mercato estivo, al contrario di De Laurentiis».

A proposito, dopo la storia dei diritti tv vi parlate ancora? «Certo. Lui ha giustamente scelto di stare nei piani nobili, tra i grandi club, io lì non ci posso arrivare. Ora siamo su posizioni avverse, ma restiamo amici».

Se dovesse decidere di vendere il Napoli, lei è pronto a comprarlo? «Io non credo che lo mollerà mai. E poi io dopo sette anni a Genova sto bene e i tifosi non mi hanno mai abbandonato neppure dopo la tragedia di Genoa-Venezia (la gara che costò la retrocessione a tavolino in Lega Pro, ndr)».

Però i tifosi rossoblù capirebbero: sarebbe come lasciare l’amante per tornare dalla moglie? «E chi l’ha detto che è la cosa giusta? Comunque è chiaro che ci penserei. Davvero sentirei il richiamo del cuore. Ma dovrei trovare una soluzione per tenere anche il Genoa».

Fonte: Il Mattino

La Redazione
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