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Napoli-Lazio sia una lezione di umiltà

Il Napoli ha perso equilibrio, si è allungato, a volte sembrava un attore che ha dimenticato il copione sul palco

Il Napoli e Napoli sono stati rispediti sulla Terra dalla Lazio dopo un’estate in cui il comprensibile effetto scudetto ha alzato fin troppo il livello d’autostima generale. De Laurentiis ha lavorato per dimostrare che non hanno vinto Giuntoli e Spalletti, ha fatto ciò che più gli piace: indossare i panni del deus ex machina e il volto scuro di sabato sera aveva il peso delle responsabilità. Dopo lo scudetto, la fiducia è sacrosanta ma non deve mai mancare il pungolo della critica.

Nessun dramma, il Napoli ha perso una partita alla terza giornata contro un avversario forte ma non si può derubricare ad incidente di percorso la prestazione nel secondo tempo, in cui gli azzurri a tratti sono parsi in balia dell’avversario rischiando addirittura di subire una goleada.

La parola-chiave del calcio, quella probabilmente più utilizzata dagli allenatori, è equilibrio. Dopo il gol di Kamada, nel Napoli sono saltate misure, distanze e si sono aperti degli spazi molto invitanti per un avversario forte nell’uscita palla con il palleggio, con attaccanti rapidi, bravissimi ad attaccare la linea difensiva.

Ripartiamo con ordine: ma il primo tempo? Il Napoli avrebbe meritato di terminarlo in vantaggio, la Lazio è passata al primo tiro in porta, Kvaratskhelia e compagni hanno costruito tante palle-gol anche se qualcosa non ha funzionato neanche nella prima frazione di gioco. Un solo tiro in porta dentro l’area di rigore rende l’idea sugli errori commessi nelle scelte, sulle conclusioni forzate, sui tiri non tentati quando, invece, era la soluzione più logica, sulla ricerca talvolta esasperata della verticalizzazione per Osimhen che deve ritrovare le conoscenze dell’era Spalletti. Deve comportarsi da attaccante moderno che aiuta i compagni nello sviluppo del gioco, si pone come riferimento anche per lo scarico. Non si può sempre attaccare la profondità, il Napoli deve ritrovare l’attitudine al palleggio per far abbassare i ritmi, gestire le energie, un altro argomento da non sottovalutare. La Lazio ha portato la partita dove voleva, in vari frangenti ha abbassato i ritmi.

La squadra di Spalletti era straordinaria in due aspetti: riaggressione feroce quando perdeva palla e ricomposizione tattica dietro la linea della palla. L’esempio del calcio d’angolo contro il Sassuolo, che Spalletti portò in conferenza stampa, è una pagina di storia. Questi concetti della fase di non possesso sono i punti dolenti di Napoli-Lazio e qualche problema si era registrato anche nel primo tempo. Basta rivedere l’azione del gol: Olivera si fa beffare nell’uno contro uno con Felipe Anderson, avrebbe avuto come anche in qualche altra occasione anche di maggior supporto da Kvaratskhelia in copertura, nella scalata difensiva Anguissa lascia libero Luis Alberto che poi inventa una magia del suo immenso repertorio.

La condizione fisica non è ottimale ma in questo momento nessuna squadra è al 100%. I problemi tattici hanno esasperato il debito d’ossigeno, il Napoli ha fatto più corse forsennate all’indietro nel secondo tempo contro la Lazio che in tutta la scorsa stagione.

Bisogna rivedere alcune convinzioni, avere Juan Jesus e non Kim, che al Bayern Monaco ha già sorpassato De Ligt nelle gerarchie, è differente non solo per lo spessore ma anche per le caratteristiche. Il difensore sud-coreano era un’arma fondamentale per la riconquista del pallone, spezzava la linea, vinceva i duelli e faceva ripartire l’azione. In campo aperto Kim e Juan Jesus non sono la stessa cosa, basta ricordare il livello d’esplosività e il “sali, fermo, scappa” che raccontò Spalletti nelle prime fasi della stagione.

La mancanza di Kim, in attesa della scommessa Natan, è un fattore importante ma probabilmente sabato avrebbe fatto fatica anche lui. Il Napoli si è allungato, basta vedere i dati: nel secondo tempo era in 33,22 metri, cinque in più rispetto al primo tempo. Si sono sgretolate le certezze che il Napoli aveva costruito nella sua identità, la mazzata del gol di Kamada e la frenesia di pareggiare hanno inciso ma alla base c’era disorientamento.

È il vero campanello d’allarme, la squadra ha perso il filo della partita e non accadeva da molto tempo, probabilmente nelle ultime due stagioni era avvenuto solo in Napoli-Milan 0-4 dello scorso 2 aprile in un contesto completamente diverso. È sembrata una squadra fragile che finchè domina la partita non ha problemi ma alla prima grossa difficoltà si è sgretolata.

Il Napoli faceva fatica ad esprimersi, sembrava un attore sul palco che aveva dimenticato il copione, forzava le giocate, come del resto dimostra anche il passaggio sbagliato da Zielinski nell’azione del gol di Kamada. La sosta è un enigma, ci sono quindici Nazionali che vanno in giro per il mondo, può essere preziosa per Natan. Dall’impatto del difensore brasiliano sull’avventura Napoli passerà tanto riguardo alle ambizioni degli azzurri che sono sempre di alto spessore anche se il 12 agosto è andato via senza gli annunci del presidente De Laurentiis. “Vi dirò dove arriveremo”, parole che sono volate via nell’area eventi di Dimaro senza un seguito. Tocca a Garcia scrivere la nuova era del Napoli, si prenda anche il diritto di sbagliare e correggere ciò che non funziona, può capitare quando si cambia allenatore. La lezione di sabato sera può diventare salutare, se si ripartirà con l’umiltà di cancellare quel maledetto secondo tempo.

Ciro Troise

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I Am Naples Testata Giornalistica - aut. Tribunale di Napoli n. 33 del 30/03/2011 Editore: Francesco Cortese - Andrea Bozzo Direttore responsabile: Ciro Troise © 2021 IamNaples
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