I “lustrini e le paillettes” appartengono allo spettacolo offerto dal grande calcio. È giusto però dare attenzione e risalto alle “fondamenta” che reggono questo mondo, dalle quali emergono le migliori professionalità e i valori tecnici più concreti. La redazione di Iamnaples ha contattato in esclusiva Giuseppe Ammaturo, ex direttore sportivo della Viribus Unitis, per puntare la lente d’ingrandimento su ciò che troppo spesso resta nell’ombra. Ecco come ha risposto ai nostri quesiti:
Ci racconta la sua esperienza alla Viribus Unitis, società di Somma Vesuviana?
“Dopo la conquista dei play-off, avevamo intrapreso la successiva stagione con oculatezza dal punto di vista gestionale, ma sempre con obiettivi di alta classifica: chi sa fare calcio lo deve dimostrare anche con un budget limitato. Purtroppo oggi vanno di moda gli allenatori portatori di sponsor e le raccomandazioni padre-figlio, questo non rientra nel mio credo. La mia passione è legata alle vittorie sul campo, non ai compromessi in sede di organizzazione tecnica; per questo, assieme al mister e ai collaboratori, ho preferito fare un passo indietro, anche per non dissipare i buoni risultati ottenuti, vedi la crescita di elementi giovani come Schetter, Manco, Pisano e Meccariello. Sono orgoglioso di quello che ho fatto”.
Perchè fare calcio in Campania è così difficile?
“Fare calcio nella nostra regione è diventato problematico soprattutto per la mancanza di sostanza finanziaria, problema che in passato non c’era. Erano invece presenti dirigenti di alto livello e persone abili negli investimenti, oggi sfortunatamente è tutto inquinato…È da elogiare il lavoro di piccole società come l’Internapoli e il Ctl Campania, per non parlare della Turris, che ‘sopravvive’ grazie agli enormi sforzi e sacrifici di una singola persona, Rosario Gaglione, al quale va tutta la mia stima. Le situazioni sono figlie dei tempi, al giorno d’oggi e dunque difficle parlare di aspetti ludici…”.
I settori giovanili e le serie dilettanti sono le fondamenta del calcio, com’è attualmente la loro gestione? Il lavoro viene valorizzato?
“Non concordo con l’applicazione di alcune riforme e norme per quanto riguarda i settori giovanili, i quali non vengono certamente favoriti se le società professionistiche hanno ancora la possibilità di prelevarne i migliori talenti a parametri modesti; perchè non c’è la libera contrattazione? Per quale motivo un giocatore come Meccariello, difensore classe ’91 che gioca da titolare ad Andria e che ha già due gol all’attivo, è stato prelevato autonomamente per venticinquemila euro? Ciò può favorire i settori giovanili? Per non parlare della forma di invadenza di procuratori e genitori, che hanno un unico scopo: fare lucro. La stessa Federazione non si preoccupa delle piccole realtà. Nelle serie dilettanti troviamo paradossalmente una maggiore preparazione nei dirigenti federali, vedi Pastore, Colonna e Vecchione; c’è più senso di responsabilità in queste categorie, a differenza della Lega Pro, dove ci sono club totalmente impreparati dal punto di vista economico”.
Come limitare il problema dell’esplosione in tarda età di alcuni calciatori? Suggerirebbe agli osservatori di prestare maggiore attenzione alla serie D?
“Il difetto stà a monte: tante scuole calcio tirano fuori prodotti tecnici interessanti, è poi inevitabile che tra la massa di calciatori ci siano elementi che hanno alti e bassi e che riescono ad emergere solo successivamente grazie al loro bagaglio tecnico, ne sono un esempio Aniello Cutolo e Gennaro Troianiello, arrivati ad alti livelli solo a 28 anni; i più bravi alla fine vengono sempre fuori…Chi segue con attenzione la serie D, rischia poi di trovare ragazzi sconosciuti, ma con tante possibilità di poter raggiungere grandi traguardi”.
Intervista a cura di Antonio Fusco
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