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Corbo: “Non solo soldi. Anche i familiari, i giornalisti e qualche parola non detta hanno spinto via Cavani”

L’ostinata voglia di lasciare accredita ogni ipotesi. Come i personaggi tormentati da doppio amore, Cavani pendola tra un rigoroso e plateale misticismo di Atleta di Cristo e le gioie terrene. I soldi, tra queste. Soldi che lo rendono ostaggio. Da oltre un anno è inseguito da personaggi interessati alle sue fortune. Padre, madre e fratello guidano. Si ritengono ormai i soci fondatori della Banca Cavani. La moglie Soledad rifiuta posta e telefono, ma si affida ai giornalisti per rivendicare ruolo, quote e assegni. In nome dei figli, certo candida Soledad, in nome dei figli. Questuanti lo assediano in Uruguay, si legge di richieste di beneficenza. Danubio e Palermo, le squadre degli anni verdi, aspettano i premi di produzione. I due agenti viaggiano da mesi, per bussare a tutte le porte: come l’arrotino con il megafono nelle borgate, si fanno riconoscere. Chi vuole Cavani? Una pervicacia che allontana possibili acquirenti, facendo però gonfiare il caso Cavani sui giornali non solo italiani. Si è escluso intanto Pablo Betancurt, il primo ad assistere Cavani. L’anno scorso fece da portavoce al Chelsea offrendo al Napoli prima 40, poi 44 milioni. Accelerò così il rinnovo con clausola rescissoria a 63 milioni. Al Paris Saint Germain, club ricco ma senza grande storia, gli agenti avrebbero chiesto 10 milioni netti. Da sperare che conoscano il fisco francese: Francois Hollande porta a 75 per cento l’aliquota su ingaggi così alti. Se la cifra è al netto, per il club francese è una micidiale stangata. I 5,5 netti versati dal Napoli erano un ingaggio quasi equo: nel calcio si calcola il 10 per cento della quota di mercato, definita da De Laurentiis in 63. Solo danaro? Anche ambizione. Cavani vuol vincere e guadagnare molto. Hanno infittito i suoi dubbi la debole campagna di gennaio, la rinuncia a competere con la Juve, il remissivo pari con i campioni quel venerdì 1 marzo, acquisti come Mesto dopo Vargas e Donadel. Ma qui, si sarà chiesto Cavani, quando lotterò per scudetto o Champions? Oltre ai criptici silenzi nello spogliatoio, segnalano rapporti tiepiedi con Mazzarri, che smorzava ogni enfasi sulle qualità del bomber da 104 reti in tre stagioni. «Il Napoli non è solo Cavani». Precisava: «Segna da quando gioca a Napoli in un certo ruolo». Merito di Mazzarri, quindi? L’appassionato contributo al gioco, la mobilità generosa, oltre allo sciame di gol, meritavano di più, magari la fascia di capitano, come avvenne con Maradona. Splendido gesto di Bruscolotti. Si è considerato uno come tanti Cavani, primo cannoniere d’Italia. Questo va detto, mica nascosto sotto l’onda di rancori, emozioni dell’ultima ora, delusione per la sua fuga. Un tesoro tecnico che la stessa squadra non ha saputo custodire né legare a sé. Si è parlato più delle offerte possibili che delle sue reti, più di mercato che di calcio, più di profitto che di traguardi. Lo strappo adesso offre una opportunità. Come riaprire un ciclo? Il Napoli aspetta molti soldi, che ne farà? La demagogia fa fluire nomi, nomi, nomi. Voci e manovre prevalgono sui contratti firmati. Ma c’è un piano, bisogna credere a De Laurentiis e Benitez. Edin Dzeko, il 27enne gigante di Sarajevo, rimarrà al Manchester City, in coppia con Aguero e in attesa da Siviglia dello spagnolo Negredo. È incedibile. Mario Gomez è l’ovvia alternativa, in rotta con il Bayern e in parola con la Fiorentina. Ventotto anni, considerato il santo patrono di un paesino di diecimila abitanti, Riedlingen nel Baden-Wurttember, lancia segnali interessanti. Che i tifosi aspettino colpi di mercato, è comprensibile. Che Benitez solleciti giocatori fidati, è giusto. Gli è persino utile la partenza di Cavani: attenua le attese. Ma la terza domanda va posta. Con i soldi di Cavani e gli introiti di un efficiente marketing, il Napoli non dovrebbe concedersi oltre agli acquisti anche le strutture da grande club europeo? In questa città lo stadio è il tempio delle utopie, per i lavori minimi e l’agibilità è stato rintracciato un documento del 1990 in casa di un vecchio dirigente. Era sparito dagli scaffali del Comune. Il vivaio ha il fervore e la buona volontà di un circo di borgata. I nuovi Insigne per rivelarsi chiedono maestri, palestre, campi. Il sindaco può aiutare il Napoli a promuovere il calcio anche come servizio sociale? Chissà se tutti, oltre ai bei discorsi, sapranno dare un senso al doloroso strappo di Cavani.
Fonte: La Repubblica

La Redazione
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